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Racconti Erotici

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Trasgressioni a Ferragosto parte 2

Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina

Trasgressioni a Ferragosto parte 1

Trasgressioni a ferragosto (PRIMA PARTE DI DUE)

L’aeroporto Falcone-Borsellino era un brulicare di trolley trascinati di fretta, annunci all’altoparlante e odore di caffè bruciacchiato. Marina camminava tra la folla con il telefono stretto in mano, il pollice che saltava veloce da una chat all’altra.
Appena atterrata, amore — inviò ad Andrea.
Sei arrivata? Io sì — scrisse all’amica Danila, che se ne stava in giro per Parigi.
Troppo concentrata sullo schermo, non si accorse dell’uomo davanti a sé. Ci sbatté contro, il seno urtò contro le sue spalle.
«Scusami» disse d’istinto. Lui si voltò di scatto, lo sguardo rapido, quasi automatico, scese sul décolleté. «No ma figurati…è la prima volta che mi piace un tamponamento».
Marina colse l’occhiata e sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non aggiunse altro e lo superò, diretta verso l’uscita.

Il taxi la lasciò davanti al cancello bianco del villino di Danila, a Cefalù. Il sole era già alto, e il vestitino corto e scollato che indossava le aderiva leggermente alla pelle per via dell’umidità.
Recuperate le chiavi dal vicino indicato dall’amica, entrò.
Dentro, il villino era caldo e silenzioso. Sul tavolo dell’ingresso, un biglietto: Divertiti…ma non con il vicino, che è sposato. La calligrafia tonda e un piccolo cuoricino a fine frase erano tipici di Danila.
Marina sorrise tra sé, lasciò il trolley e iniziò ad abbassare le spalline del vestito mentre si avviava verso una tanto agognata doccia. Il tessuto le scivolò giù dai fianchi, rivelando la pelle già leggermente dorata. Il vestito le si impigliò ai tacchi — la solita pasticciona — e si piegò per slacciare le cinghiette delle scarpe, che lanciò vicino a sé per poi far fare un lungo volo al vestitino. Un passo dopo l’altro, si liberò anche delle mutandine che lasciò cadere vicino alla porta del bagno.

Aprì l’acqua fredda della doccia: il primo getto colpì il seno, facendole contrarre i capezzoli. Rimase immobile per un istante, respirando piano, lasciando che il fresco si diffondesse dalla pelle all’interno del corpo. Passò le mani sul collo, risalendo alla nuca, poi scese lentamente lungo i fianchi, seguendo la curva dei glutei e lasciando che le dita si insinuassero appena tra le cosce.
Le gocce le accarezzavano il ventre e si infrangevano contro il monte di Venere, per poi scivolare giù tra le gambe, unite e rilassate. Sciolse i lunghi capelli che, bagnati, aderirono alla schiena, scivolando come una seta pesante fino a sfiorarle le natiche. Inclinò il capo all’indietro, lasciando che l’acqua le lambisse le labbra socchiuse e si mescolasse al respiro caldo che le usciva dalla bocca.
Insaponò lentamente i seni, giocò con movimenti circolari, facendo scivolare la schiuma intorno ai capezzoli turgidi e indugiando su di essi finché abbandonò il destro per far scorrere la mano verso il ventre, superandolo e continuando oltre, proprio lì, dove il calore e il fresco si incontrarono in un brivido. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell’aria densa di mare, sentendo il cuore batterle lento ma forte, assaporando il piccolo paradiso nato dal contrasto tra l’acqua fredda e la pelle ardente.

La mattina seguente, seduta su una sdraio con un libro aperto fra le mani, Marina stava già perdendosi tra le righe quando un’ombra si allungò sulla pagina. Sollevò appena lo sguardo, infastidita dal cambiamento di luce: c’era una figura che osservava la copertina. Poi sentì quella voce maschile, calda e vagamente ironica, rompere il silenzio.
«Se è interessante come la copertina…quasi quasi vado a vedere il film appena esce.»
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri che lo fissavano da sopra gli occhiali da sole.
«Ti dispiace?» gli disse Marina tornando subito al libro, infastidita dall’ennesimo disturbatore.
«Dispiace un po’ alla mia autostima. Non ti ricordi di me?»
Lei sollevò di nuovo lo sguardo, abbassò gli occhiali da sole e sì, lo riconobbe.
«Ma certo!» sorrise sarcasticamente. «Sei il tizio che ama guardare le tette delle sconosciute all’aeroporto.»
«Sì, e anche al mare» e di nuovo lo sguardo fece capolino sul seno procace su cui poggiava un sottile filo dei capelli neri di Marina, «però puoi chiamarmi Elio, per abbreviare lo dico. Metti che stai affogando, se devi star lì a gridare “aiutami tizio che ama guardare le tette alle sconosciute in aeroporto e al mare”, capisci bene che rischi la vita, anche perché io perdo pure il mio tempo a indossare i braccioli, il salvagente…»
Finalmente Elio riuscì a strapparle un sorriso. E non fu certo l’ultimo che Marina, in quelle ore, gli restituì.

Il resto della giornata lo passarono insieme, tra tuffi in mare e giochi in acqua, tra un gelato e una granita, la complicità tra i due cresceva di ora in ora, semplicemente, alternando sberleffi a veloci aneddoti delle proprie vite.
Dopo cena lo rivide al chiosco, con due birre in mano. Gliene porse una senza chiedere. Era con degli amici, ma, stranamente, con loro parlò poco, le sue attenzioni erano tutte dirette verso Marina che stava giocando col cagnolino di un’amica che l’aveva raggiunta. Anche lei lo controllava a distanza, ogni tanto, attenta a non farsi scoprire.
Quando tornò al villino, Marina passò la lingua sulle labbra come se volesse ricercare ancora il sapore della birra offerta da Elio. Sorrise. E se ne accorse.

I due si cercarono la mattina successiva, si trovarono. La spiaggia era ben viva nutrita di voci e risate.
Marina stava all’ombra dell’ombrellone, un libro in mano, quando Elio, appena uscito dall’acqua, le passò davanti e, senza preavviso, si scosse i capelli bagnati proprio sopra di lei.
«Ehi!» protestò, stringendo il libro per non bagnarlo.
«Ops…» fece lui, con un sorrisetto che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un gesto calcolato. Si sedette accanto a lei, ancora gocciolante, e lasciò che lo sguardo scivolasse con disinvoltura verso il costume di Marina, uno spettacolo per i suoi occhi ingordi.
«Ma sicuro che i tuoi amici non sentano troppo la tua mancanza? Sentiti libero di andare a infastidire anche loro, eh.»
«Ti ignoro perché so che mi adori. Oh, ma lo sai che domani a pranzo con i miei amici ci facciamo una bella grigliata di pesce siciliano? Finalmente!» disse, allargando le braccia come se stesse annunciando un evento memorabile. «Non vedevo l’ora.»
Poi, inclinando la testa verso di lei, aggiunse: «Avevo pure pensato di invitare una siciliana…ma ne conosco solo una, ed è antipatica.»
Marina, senza alzare lo sguardo dal libro, replicò con finto distacco: «Quella siciliana lì, oltre a essere antipatica, è pure vegetariana. Quindi, secondo me, non avrebbe accettato.»
Elio rise. «Pure vegetariana? Meno male che è carina, guarda…perché i difetti li ha tutti.»
«Aspetta, aspetta…devo segnare sul diario che mi hai fatto un complimento» disse lei, voltandosi verso di lui con un mezzo sorriso. Posò il libro accanto a sé, poi si girò lentamente, lasciando che il sole le accarezzasse la schiena. Piegò un braccio sotto il viso, facendo scivolare i capelli su un lato, e slacciò piano il laccetto del costume, liberando la pelle alla luce. Corrucciò lo sguardo, scherzosamente. «Per celebrarlo, a pranzo potrei persino cucinare qualcosa per te. A tuo rischio e pericolo, ovvio.»
Gli occhi di Elio seguirono il movimento, soffermandosi sul sedere pieno e dorato dal sole. Un lampo malizioso gli attraversò lo sguardo. «Beh, se me lo chiedi così…accetto la sfida, ma se muoio, dico a tutti che è colpa tua.»
Andarono insieme a comprare il necessario. Tra i banchi affollati, una venditrice sorrise a Elio, indicando le cassette di pomodori. «Alla sua fidanzata diamo i pachino o i datterini?» Marina trattenne un sorriso, fingendo di concentrarsi sulla scelta di altro. «Pachino, grazie.» Elio le lanciò uno sguardo di traverso, ma non replicò.

Arrivati al villino, Marina si mise subito ai fornelli. Elio la osservava muoversi canticchiando, con i capelli raccolti, il costume ancora addosso e quella gonna così aderente che disegnava il suo culo alla perfezione.
«Se continui a muoverti così, rischi di farmi venire certe voglie» mormorò lui.
«Parliamo ancora del pranzo?» ribatté lei, voltandosi appena con un sorriso sornione. Riempì di nascosto un cucchiaio con del couscous e glielo lanciò addosso. Lui la guardò storto ma lei continuò a provocarlo «non avevi fame scusa?»
Lui prese un pomodoro, si avvicinò con calma dietro di lei, le mise la mano sotto il mento e lo strizzò proprio in mezzo ai seni.
«Visto che ti piacciono così tanto i Pechino.»
Lei lo corresse: «Pachino!» fingendosi scandalizzata dal gesto. Lui mosse ancora il pomodoro sulla spalla nuda di Marina e cominciò ad assaggiarlo dal suo corpo. «In effetti è molto buono.»
Strofinando il proprio bacino verso quello di Elio, Marina si girò e aggiunse «e adesso chi pulisce qui?» indicando con gli occhi le strisce e gli schizzi del pomodoro sulla sua pelle. Lui scostò col dito il costume e iniziò a leccarla. «Proprio lì era pulito, Elio» con un rimprovero scherzoso. Spostò con la mano la testa di Elio, lui scivolò con la lingua sul suo collo le afferrò la vita, la guardò per qualche secondo e le disse: «Hai ragione, sono un cafone, assaggia anche tu» e le baciò le labbra mentre il suo membro sempre più gonfio poggiava tra le cosce di Marina. I due si baciarono a lungo, le mani di lui passeggiarono sotto alla gonna di Marina, arrivando a stringerle quel bel sederino su cui tanto aveva fantasticato in quei giorni. Quando la bocca di lui scese di nuovo sul collo, Marina fece scivolare le sue mani sotto la maglietta di Elio, accarezzandogli la schiena possente, fino alle spalle.
«Ti voglio», le sussurrò all’orecchio. Lei camminò col corpo aderente al suo, spingendolo contro il tavolo da pranzo, gli sfilò la maglietta, portò la testa di lui più giù e gli permise, stavolta, di leccarla, liberamente.
«Dimmi che non hai messo una zucchina nei pantaloni» disse lei scendendo a toccare Elio in mezzo alle gambe.
«Ho un cazzo lì, va bene lo stesso? Ed è tutto per te. E sta diventando durissimo».
Continuarono a sentire la loro voglia, stretti, sudati. Lui sollevò le cosce di Marina attorno a sé, e stretti così la fece sedere sul tavolo.
Il respiro di entrambi si fece più veloce, i corpi ancor più vicini…in una danza di continuo cercarsi e scontrarsi.
Poi, sul tavolo, il telefono di Marina vibrò. Entrambi si girarono. Lo schermo illuminato mostrava due parole: Amore mio.
Elio cambiò espressione. Marina lo guardò, ma prese il telefono e rispose. «Andre…posso chiamarti dopo?»
Elio intanto aveva già raccolto la sua maglietta e stava uscendo dalla porta. Marina, chiuse con Andrea inventando una scusa. Gli gridò di aspettare, ma Elio non lo fece.
Gli corse dietro. Lo chiamò per nome, lui si fermò, attese che lei gli si mettesse davanti e le disse: «Guarda, non voglio essere il giocattolino di nessuno.»
«Hai ragione…avrei dovuto dirtelo.»
«Da quanto state insieme?»
«Quasi due anni e mezzo. Viviamo insieme in realtà.»
Il disprezzo negli occhi di Elio fu netto. La dribblò e andò via.

Martina

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.

Dominazione femminile: tutto inizia con un sì

Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.

Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.

“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.

Giochi di potere e desiderio estremo

Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.

Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.

Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.

“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.

Cedere del tutto all’esperienza BDSM

“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.

La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.

Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.

Dopo il BDSM il legame che resta

Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.

“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.

“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.

Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.

Luca 86

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Per approfondire il tema della dominazione femminile su una linea erotica leggi mistress al telefono schiavizzano sottomessi.

Ti è piaciuto questo racconto? Leggi anche la mia esperienza proibita con la suocera…

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Finalmente è stato rimosso il cartello “vendesi” dall’appartamento accanto al mio e da divoratrice di film porno e racconti erotici con milf (soprattutto da quando mi sono separata) mi sto già immaginando mille scenari piccanti con il futuro inquilino. Meglio tornare con i piedi per terra, sarà una coppietta di Sposini, o una donna single come me o, nella remota possibilità che si tratti di un essere maschile, un ometto alto un metro e cinquanta con un’anguria al posto della tartaruga.

Se la realtà dovesse deludermi, per fortuna c’è sempre la fantasia e qualche chiamata erotica per rendere tutto più interessante…

Passano i giorni e rientrando dalla palestra noto due signori sulla settantina che maneggiano con la mia cassetta delle lettere. ” E te pareva!” Dico tra i denti avvicinandomi e faccio notare che la buchetta è mia. Beh, salta fuori che la persona che ci ha venduto le case è la stessa e che ha consegnato loro un mazzo di chiavi che dovrebbe essere mio. Di male in peggio! Se non che la cara signora mi spiega Khedira al figlio di consegnarmi il mazzo completo, così potremo verificare insieme quali sono le mie e quali le sue. Continua raccontandomi che è un ragazzo giovane, solo, lavoratore e che quindi lo stanno aiutando. Me lo sta sponsorizzando? Beh, ora sono proprio curiosa.

Donne mature e ragazzi giovani

Sto passando l’aspirapolvere, mi sembra di sentir bussare quindi la spengo, si, qualcuno sta proprio bussando. “Chi è?” Domando avvicinandomi alla porta ” sono Mattia, il tuo nuovo vicino”. Merda, che tempismo di merda! Sciolgo i capelli e liscio, con un gesto automatico della mano, il top a righe e i leggins neri e apro.

Ci studiamo per qualche istante. Ha sui 25 anni, è poco più alto di me, direi circa 1.75, muscoloso, ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Carino il cucciolo, speriamo che abbia voglia di una bella esperienza hot con una milf perché io ho proprio voglia di un sexy toyboy.
Gli stringo la mano per presentarmi e lo faccio accomodare sfoggiando il mio sorriso più seducente. Lo becco a guardarmi la scollatura, beh, come non capirlo, ho una quarta da far girare la testa e ne approfitto per accarezzarmi innocentemente. Ho visto proprio di recente un paio di video con donne mature e ragazzi giovani iniziare con la provocazione di un semplice tocco e io ho tutta l’intenzione di creare la mia personale avventura erotica, sono una donna matura si, ma ho ancora una gran voglia di scopare.

“Vuoi qualcosa da bere intanto che controllo le chiavi? Ho della birra, vino, semplice acqua…” Mi risponde che la birra va benissimo. La stappo, gliela porgo e, sfiorando con le dita il palmo della sua mano, prendo il mazzo.

Passione con una milf

Nelle fantasie erotiche di ogni milf c’è quella di chiavare con un ragazzo più giovane e questa è la mia occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire.
Già che siamo in vena di cliché aderisco al più banale che mi si offre: faccio cadere le chiavi in modo tale che lui mi veda piegarmi a 90 per raccoglierle. “Vediamo se entrano, oh si, entrano proprio bene” scosto una ciocca dal viso e lo guardo negli occhi “vuoi provare anche tu?”

Sono sicura che nella sua mente si stesse già strutturando una storia erotica, con una milf che praticamente gliela sta sbattendo in faccia mi stupirebbe il contrario. E no, non mi stupisco, con uno scatto si alza e mi raggiunge.
Mi bacia e tocca con quella foga di cui sentiamo la mancanza noi donne mature ma che per i ragazzi giovani è del tutto normale.
Mi solleva la maglietta e mi palpa le tette, poi le lecca e succhia i capezzoli. Io non resto con le mani in mano e gli faccio una sega, è veramente duro e da come lo sento eccitato credo che non durerà molto. No cucciolo non verrai così.

“aspetta, fermati” gli ordino (che non si dica poi che noi donne mature seducenti non sappiamo il fatto nostro), abbasso i leggins, sposto le mutandine e uso la porta come appoggio per inarcare la schiena e allargare le gambe. “Scopami, cazzo sbattimi forte” lui obbedisce, mi prende per i fianchi e me lo ficca tutto nella figa, muovendosi con un ritmo frenetico.

Premo i polpastrelli dell’indice e del medio sul clitoride, voglio venire con questo bel martello pneumatico e non con il suo ricordo. “Si, così bravo, mmm si dai continua che mi fai venire, si, scopami” raggiungo l’orgasmo, manco avessi avuto vent’anni e mi godo quella sensazione paradisiaca che mi pervade. “Sborro, sborro!” Esclama e dopo qualche colpo sento il liquido caldo che mi riempie.

Gli lascio riprendere fiato e quando lo tira fuori Mi inginocchio per ripulirglielo, passando la lingua su quel meraviglioso membro non ancora ammosciato.
“Spero di aver presto bisogno di qualcosa, così Ho la scusa per bussarti, sei veramente una bomba!”
“Certo tesoro, quando vuoi e magari faremo con un po’ più di calma”.
Vieni cucciolo, vieni, dopotutto… Sono una milf della porta accanto.

Terry 79

Le milf ti affascinano? Allora non puoi perderti questo racconto erotico con una milf come protagonista. Se invece preferisci una donna matura dal carattere severo, lasciati intrigare dalle nostre Padrone più severe ed esigenti. E se vuoi scoprire una volta per tutte perché le donne mature piacciono così tanto, c’è un approfondimento che non puoi perdere.

Trasgressioni a Ferragosto parte 2

Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina

Trasgressioni a Ferragosto parte 1

Trasgressioni a ferragosto (PRIMA PARTE DI DUE)

L’aeroporto Falcone-Borsellino era un brulicare di trolley trascinati di fretta, annunci all’altoparlante e odore di caffè bruciacchiato. Marina camminava tra la folla con il telefono stretto in mano, il pollice che saltava veloce da una chat all’altra.
Appena atterrata, amore — inviò ad Andrea.
Sei arrivata? Io sì — scrisse all’amica Danila, che se ne stava in giro per Parigi.
Troppo concentrata sullo schermo, non si accorse dell’uomo davanti a sé. Ci sbatté contro, il seno urtò contro le sue spalle.
«Scusami» disse d’istinto. Lui si voltò di scatto, lo sguardo rapido, quasi automatico, scese sul décolleté. «No ma figurati…è la prima volta che mi piace un tamponamento».
Marina colse l’occhiata e sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non aggiunse altro e lo superò, diretta verso l’uscita.

Il taxi la lasciò davanti al cancello bianco del villino di Danila, a Cefalù. Il sole era già alto, e il vestitino corto e scollato che indossava le aderiva leggermente alla pelle per via dell’umidità.
Recuperate le chiavi dal vicino indicato dall’amica, entrò.
Dentro, il villino era caldo e silenzioso. Sul tavolo dell’ingresso, un biglietto: Divertiti…ma non con il vicino, che è sposato. La calligrafia tonda e un piccolo cuoricino a fine frase erano tipici di Danila.
Marina sorrise tra sé, lasciò il trolley e iniziò ad abbassare le spalline del vestito mentre si avviava verso una tanto agognata doccia. Il tessuto le scivolò giù dai fianchi, rivelando la pelle già leggermente dorata. Il vestito le si impigliò ai tacchi — la solita pasticciona — e si piegò per slacciare le cinghiette delle scarpe, che lanciò vicino a sé per poi far fare un lungo volo al vestitino. Un passo dopo l’altro, si liberò anche delle mutandine che lasciò cadere vicino alla porta del bagno.

Aprì l’acqua fredda della doccia: il primo getto colpì il seno, facendole contrarre i capezzoli. Rimase immobile per un istante, respirando piano, lasciando che il fresco si diffondesse dalla pelle all’interno del corpo. Passò le mani sul collo, risalendo alla nuca, poi scese lentamente lungo i fianchi, seguendo la curva dei glutei e lasciando che le dita si insinuassero appena tra le cosce.
Le gocce le accarezzavano il ventre e si infrangevano contro il monte di Venere, per poi scivolare giù tra le gambe, unite e rilassate. Sciolse i lunghi capelli che, bagnati, aderirono alla schiena, scivolando come una seta pesante fino a sfiorarle le natiche. Inclinò il capo all’indietro, lasciando che l’acqua le lambisse le labbra socchiuse e si mescolasse al respiro caldo che le usciva dalla bocca.
Insaponò lentamente i seni, giocò con movimenti circolari, facendo scivolare la schiuma intorno ai capezzoli turgidi e indugiando su di essi finché abbandonò il destro per far scorrere la mano verso il ventre, superandolo e continuando oltre, proprio lì, dove il calore e il fresco si incontrarono in un brivido. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell’aria densa di mare, sentendo il cuore batterle lento ma forte, assaporando il piccolo paradiso nato dal contrasto tra l’acqua fredda e la pelle ardente.

La mattina seguente, seduta su una sdraio con un libro aperto fra le mani, Marina stava già perdendosi tra le righe quando un’ombra si allungò sulla pagina. Sollevò appena lo sguardo, infastidita dal cambiamento di luce: c’era una figura che osservava la copertina. Poi sentì quella voce maschile, calda e vagamente ironica, rompere il silenzio.
«Se è interessante come la copertina…quasi quasi vado a vedere il film appena esce.»
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri che lo fissavano da sopra gli occhiali da sole.
«Ti dispiace?» gli disse Marina tornando subito al libro, infastidita dall’ennesimo disturbatore.
«Dispiace un po’ alla mia autostima. Non ti ricordi di me?»
Lei sollevò di nuovo lo sguardo, abbassò gli occhiali da sole e sì, lo riconobbe.
«Ma certo!» sorrise sarcasticamente. «Sei il tizio che ama guardare le tette delle sconosciute all’aeroporto.»
«Sì, e anche al mare» e di nuovo lo sguardo fece capolino sul seno procace su cui poggiava un sottile filo dei capelli neri di Marina, «però puoi chiamarmi Elio, per abbreviare lo dico. Metti che stai affogando, se devi star lì a gridare “aiutami tizio che ama guardare le tette alle sconosciute in aeroporto e al mare”, capisci bene che rischi la vita, anche perché io perdo pure il mio tempo a indossare i braccioli, il salvagente…»
Finalmente Elio riuscì a strapparle un sorriso. E non fu certo l’ultimo che Marina, in quelle ore, gli restituì.

Il resto della giornata lo passarono insieme, tra tuffi in mare e giochi in acqua, tra un gelato e una granita, la complicità tra i due cresceva di ora in ora, semplicemente, alternando sberleffi a veloci aneddoti delle proprie vite.
Dopo cena lo rivide al chiosco, con due birre in mano. Gliene porse una senza chiedere. Era con degli amici, ma, stranamente, con loro parlò poco, le sue attenzioni erano tutte dirette verso Marina che stava giocando col cagnolino di un’amica che l’aveva raggiunta. Anche lei lo controllava a distanza, ogni tanto, attenta a non farsi scoprire.
Quando tornò al villino, Marina passò la lingua sulle labbra come se volesse ricercare ancora il sapore della birra offerta da Elio. Sorrise. E se ne accorse.

I due si cercarono la mattina successiva, si trovarono. La spiaggia era ben viva nutrita di voci e risate.
Marina stava all’ombra dell’ombrellone, un libro in mano, quando Elio, appena uscito dall’acqua, le passò davanti e, senza preavviso, si scosse i capelli bagnati proprio sopra di lei.
«Ehi!» protestò, stringendo il libro per non bagnarlo.
«Ops…» fece lui, con un sorrisetto che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un gesto calcolato. Si sedette accanto a lei, ancora gocciolante, e lasciò che lo sguardo scivolasse con disinvoltura verso il costume di Marina, uno spettacolo per i suoi occhi ingordi.
«Ma sicuro che i tuoi amici non sentano troppo la tua mancanza? Sentiti libero di andare a infastidire anche loro, eh.»
«Ti ignoro perché so che mi adori. Oh, ma lo sai che domani a pranzo con i miei amici ci facciamo una bella grigliata di pesce siciliano? Finalmente!» disse, allargando le braccia come se stesse annunciando un evento memorabile. «Non vedevo l’ora.»
Poi, inclinando la testa verso di lei, aggiunse: «Avevo pure pensato di invitare una siciliana…ma ne conosco solo una, ed è antipatica.»
Marina, senza alzare lo sguardo dal libro, replicò con finto distacco: «Quella siciliana lì, oltre a essere antipatica, è pure vegetariana. Quindi, secondo me, non avrebbe accettato.»
Elio rise. «Pure vegetariana? Meno male che è carina, guarda…perché i difetti li ha tutti.»
«Aspetta, aspetta…devo segnare sul diario che mi hai fatto un complimento» disse lei, voltandosi verso di lui con un mezzo sorriso. Posò il libro accanto a sé, poi si girò lentamente, lasciando che il sole le accarezzasse la schiena. Piegò un braccio sotto il viso, facendo scivolare i capelli su un lato, e slacciò piano il laccetto del costume, liberando la pelle alla luce. Corrucciò lo sguardo, scherzosamente. «Per celebrarlo, a pranzo potrei persino cucinare qualcosa per te. A tuo rischio e pericolo, ovvio.»
Gli occhi di Elio seguirono il movimento, soffermandosi sul sedere pieno e dorato dal sole. Un lampo malizioso gli attraversò lo sguardo. «Beh, se me lo chiedi così…accetto la sfida, ma se muoio, dico a tutti che è colpa tua.»
Andarono insieme a comprare il necessario. Tra i banchi affollati, una venditrice sorrise a Elio, indicando le cassette di pomodori. «Alla sua fidanzata diamo i pachino o i datterini?» Marina trattenne un sorriso, fingendo di concentrarsi sulla scelta di altro. «Pachino, grazie.» Elio le lanciò uno sguardo di traverso, ma non replicò.

Arrivati al villino, Marina si mise subito ai fornelli. Elio la osservava muoversi canticchiando, con i capelli raccolti, il costume ancora addosso e quella gonna così aderente che disegnava il suo culo alla perfezione.
«Se continui a muoverti così, rischi di farmi venire certe voglie» mormorò lui.
«Parliamo ancora del pranzo?» ribatté lei, voltandosi appena con un sorriso sornione. Riempì di nascosto un cucchiaio con del couscous e glielo lanciò addosso. Lui la guardò storto ma lei continuò a provocarlo «non avevi fame scusa?»
Lui prese un pomodoro, si avvicinò con calma dietro di lei, le mise la mano sotto il mento e lo strizzò proprio in mezzo ai seni.
«Visto che ti piacciono così tanto i Pechino.»
Lei lo corresse: «Pachino!» fingendosi scandalizzata dal gesto. Lui mosse ancora il pomodoro sulla spalla nuda di Marina e cominciò ad assaggiarlo dal suo corpo. «In effetti è molto buono.»
Strofinando il proprio bacino verso quello di Elio, Marina si girò e aggiunse «e adesso chi pulisce qui?» indicando con gli occhi le strisce e gli schizzi del pomodoro sulla sua pelle. Lui scostò col dito il costume e iniziò a leccarla. «Proprio lì era pulito, Elio» con un rimprovero scherzoso. Spostò con la mano la testa di Elio, lui scivolò con la lingua sul suo collo le afferrò la vita, la guardò per qualche secondo e le disse: «Hai ragione, sono un cafone, assaggia anche tu» e le baciò le labbra mentre il suo membro sempre più gonfio poggiava tra le cosce di Marina. I due si baciarono a lungo, le mani di lui passeggiarono sotto alla gonna di Marina, arrivando a stringerle quel bel sederino su cui tanto aveva fantasticato in quei giorni. Quando la bocca di lui scese di nuovo sul collo, Marina fece scivolare le sue mani sotto la maglietta di Elio, accarezzandogli la schiena possente, fino alle spalle.
«Ti voglio», le sussurrò all’orecchio. Lei camminò col corpo aderente al suo, spingendolo contro il tavolo da pranzo, gli sfilò la maglietta, portò la testa di lui più giù e gli permise, stavolta, di leccarla, liberamente.
«Dimmi che non hai messo una zucchina nei pantaloni» disse lei scendendo a toccare Elio in mezzo alle gambe.
«Ho un cazzo lì, va bene lo stesso? Ed è tutto per te. E sta diventando durissimo».
Continuarono a sentire la loro voglia, stretti, sudati. Lui sollevò le cosce di Marina attorno a sé, e stretti così la fece sedere sul tavolo.
Il respiro di entrambi si fece più veloce, i corpi ancor più vicini…in una danza di continuo cercarsi e scontrarsi.
Poi, sul tavolo, il telefono di Marina vibrò. Entrambi si girarono. Lo schermo illuminato mostrava due parole: Amore mio.
Elio cambiò espressione. Marina lo guardò, ma prese il telefono e rispose. «Andre…posso chiamarti dopo?»
Elio intanto aveva già raccolto la sua maglietta e stava uscendo dalla porta. Marina, chiuse con Andrea inventando una scusa. Gli gridò di aspettare, ma Elio non lo fece.
Gli corse dietro. Lo chiamò per nome, lui si fermò, attese che lei gli si mettesse davanti e le disse: «Guarda, non voglio essere il giocattolino di nessuno.»
«Hai ragione…avrei dovuto dirtelo.»
«Da quanto state insieme?»
«Quasi due anni e mezzo. Viviamo insieme in realtà.»
Il disprezzo negli occhi di Elio fu netto. La dribblò e andò via.

Martina

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.

Dominazione femminile: tutto inizia con un sì

Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.

Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.

“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.

Giochi di potere e desiderio estremo

Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.

Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.

Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.

“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.

Cedere del tutto all’esperienza BDSM

“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.

La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.

Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.

Dopo il BDSM il legame che resta

Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.

“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.

“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.

Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.

Luca 86

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Per approfondire il tema della dominazione femminile su una linea erotica leggi mistress al telefono schiavizzano sottomessi.

Ti è piaciuto questo racconto? Leggi anche la mia esperienza proibita con la suocera…

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Finalmente è stato rimosso il cartello “vendesi” dall’appartamento accanto al mio e da divoratrice di film porno e racconti erotici con milf (soprattutto da quando mi sono separata) mi sto già immaginando mille scenari piccanti con il futuro inquilino. Meglio tornare con i piedi per terra, sarà una coppietta di Sposini, o una donna single come me o, nella remota possibilità che si tratti di un essere maschile, un ometto alto un metro e cinquanta con un’anguria al posto della tartaruga.

Se la realtà dovesse deludermi, per fortuna c’è sempre la fantasia e qualche chiamata erotica per rendere tutto più interessante…

Passano i giorni e rientrando dalla palestra noto due signori sulla settantina che maneggiano con la mia cassetta delle lettere. ” E te pareva!” Dico tra i denti avvicinandomi e faccio notare che la buchetta è mia. Beh, salta fuori che la persona che ci ha venduto le case è la stessa e che ha consegnato loro un mazzo di chiavi che dovrebbe essere mio. Di male in peggio! Se non che la cara signora mi spiega Khedira al figlio di consegnarmi il mazzo completo, così potremo verificare insieme quali sono le mie e quali le sue. Continua raccontandomi che è un ragazzo giovane, solo, lavoratore e che quindi lo stanno aiutando. Me lo sta sponsorizzando? Beh, ora sono proprio curiosa.

Donne mature e ragazzi giovani

Sto passando l’aspirapolvere, mi sembra di sentir bussare quindi la spengo, si, qualcuno sta proprio bussando. “Chi è?” Domando avvicinandomi alla porta ” sono Mattia, il tuo nuovo vicino”. Merda, che tempismo di merda! Sciolgo i capelli e liscio, con un gesto automatico della mano, il top a righe e i leggins neri e apro.

Ci studiamo per qualche istante. Ha sui 25 anni, è poco più alto di me, direi circa 1.75, muscoloso, ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Carino il cucciolo, speriamo che abbia voglia di una bella esperienza hot con una milf perché io ho proprio voglia di un sexy toyboy.
Gli stringo la mano per presentarmi e lo faccio accomodare sfoggiando il mio sorriso più seducente. Lo becco a guardarmi la scollatura, beh, come non capirlo, ho una quarta da far girare la testa e ne approfitto per accarezzarmi innocentemente. Ho visto proprio di recente un paio di video con donne mature e ragazzi giovani iniziare con la provocazione di un semplice tocco e io ho tutta l’intenzione di creare la mia personale avventura erotica, sono una donna matura si, ma ho ancora una gran voglia di scopare.

“Vuoi qualcosa da bere intanto che controllo le chiavi? Ho della birra, vino, semplice acqua…” Mi risponde che la birra va benissimo. La stappo, gliela porgo e, sfiorando con le dita il palmo della sua mano, prendo il mazzo.

Passione con una milf

Nelle fantasie erotiche di ogni milf c’è quella di chiavare con un ragazzo più giovane e questa è la mia occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire.
Già che siamo in vena di cliché aderisco al più banale che mi si offre: faccio cadere le chiavi in modo tale che lui mi veda piegarmi a 90 per raccoglierle. “Vediamo se entrano, oh si, entrano proprio bene” scosto una ciocca dal viso e lo guardo negli occhi “vuoi provare anche tu?”

Sono sicura che nella sua mente si stesse già strutturando una storia erotica, con una milf che praticamente gliela sta sbattendo in faccia mi stupirebbe il contrario. E no, non mi stupisco, con uno scatto si alza e mi raggiunge.
Mi bacia e tocca con quella foga di cui sentiamo la mancanza noi donne mature ma che per i ragazzi giovani è del tutto normale.
Mi solleva la maglietta e mi palpa le tette, poi le lecca e succhia i capezzoli. Io non resto con le mani in mano e gli faccio una sega, è veramente duro e da come lo sento eccitato credo che non durerà molto. No cucciolo non verrai così.

“aspetta, fermati” gli ordino (che non si dica poi che noi donne mature seducenti non sappiamo il fatto nostro), abbasso i leggins, sposto le mutandine e uso la porta come appoggio per inarcare la schiena e allargare le gambe. “Scopami, cazzo sbattimi forte” lui obbedisce, mi prende per i fianchi e me lo ficca tutto nella figa, muovendosi con un ritmo frenetico.

Premo i polpastrelli dell’indice e del medio sul clitoride, voglio venire con questo bel martello pneumatico e non con il suo ricordo. “Si, così bravo, mmm si dai continua che mi fai venire, si, scopami” raggiungo l’orgasmo, manco avessi avuto vent’anni e mi godo quella sensazione paradisiaca che mi pervade. “Sborro, sborro!” Esclama e dopo qualche colpo sento il liquido caldo che mi riempie.

Gli lascio riprendere fiato e quando lo tira fuori Mi inginocchio per ripulirglielo, passando la lingua su quel meraviglioso membro non ancora ammosciato.
“Spero di aver presto bisogno di qualcosa, così Ho la scusa per bussarti, sei veramente una bomba!”
“Certo tesoro, quando vuoi e magari faremo con un po’ più di calma”.
Vieni cucciolo, vieni, dopotutto… Sono una milf della porta accanto.

Terry 79

Le milf ti affascinano? Allora non puoi perderti questo racconto erotico con una milf come protagonista. Se invece preferisci una donna matura dal carattere severo, lasciati intrigare dalle nostre Padrone più severe ed esigenti. E se vuoi scoprire una volta per tutte perché le donne mature piacciono così tanto, c’è un approfondimento che non puoi perdere.

Trasgressioni a Ferragosto parte 2

Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina

Trasgressioni a Ferragosto parte 1

Trasgressioni a ferragosto (PRIMA PARTE DI DUE)

L’aeroporto Falcone-Borsellino era un brulicare di trolley trascinati di fretta, annunci all’altoparlante e odore di caffè bruciacchiato. Marina camminava tra la folla con il telefono stretto in mano, il pollice che saltava veloce da una chat all’altra.
Appena atterrata, amore — inviò ad Andrea.
Sei arrivata? Io sì — scrisse all’amica Danila, che se ne stava in giro per Parigi.
Troppo concentrata sullo schermo, non si accorse dell’uomo davanti a sé. Ci sbatté contro, il seno urtò contro le sue spalle.
«Scusami» disse d’istinto. Lui si voltò di scatto, lo sguardo rapido, quasi automatico, scese sul décolleté. «No ma figurati…è la prima volta che mi piace un tamponamento».
Marina colse l’occhiata e sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non aggiunse altro e lo superò, diretta verso l’uscita.

Il taxi la lasciò davanti al cancello bianco del villino di Danila, a Cefalù. Il sole era già alto, e il vestitino corto e scollato che indossava le aderiva leggermente alla pelle per via dell’umidità.
Recuperate le chiavi dal vicino indicato dall’amica, entrò.
Dentro, il villino era caldo e silenzioso. Sul tavolo dell’ingresso, un biglietto: Divertiti…ma non con il vicino, che è sposato. La calligrafia tonda e un piccolo cuoricino a fine frase erano tipici di Danila.
Marina sorrise tra sé, lasciò il trolley e iniziò ad abbassare le spalline del vestito mentre si avviava verso una tanto agognata doccia. Il tessuto le scivolò giù dai fianchi, rivelando la pelle già leggermente dorata. Il vestito le si impigliò ai tacchi — la solita pasticciona — e si piegò per slacciare le cinghiette delle scarpe, che lanciò vicino a sé per poi far fare un lungo volo al vestitino. Un passo dopo l’altro, si liberò anche delle mutandine che lasciò cadere vicino alla porta del bagno.

Aprì l’acqua fredda della doccia: il primo getto colpì il seno, facendole contrarre i capezzoli. Rimase immobile per un istante, respirando piano, lasciando che il fresco si diffondesse dalla pelle all’interno del corpo. Passò le mani sul collo, risalendo alla nuca, poi scese lentamente lungo i fianchi, seguendo la curva dei glutei e lasciando che le dita si insinuassero appena tra le cosce.
Le gocce le accarezzavano il ventre e si infrangevano contro il monte di Venere, per poi scivolare giù tra le gambe, unite e rilassate. Sciolse i lunghi capelli che, bagnati, aderirono alla schiena, scivolando come una seta pesante fino a sfiorarle le natiche. Inclinò il capo all’indietro, lasciando che l’acqua le lambisse le labbra socchiuse e si mescolasse al respiro caldo che le usciva dalla bocca.
Insaponò lentamente i seni, giocò con movimenti circolari, facendo scivolare la schiuma intorno ai capezzoli turgidi e indugiando su di essi finché abbandonò il destro per far scorrere la mano verso il ventre, superandolo e continuando oltre, proprio lì, dove il calore e il fresco si incontrarono in un brivido. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell’aria densa di mare, sentendo il cuore batterle lento ma forte, assaporando il piccolo paradiso nato dal contrasto tra l’acqua fredda e la pelle ardente.

La mattina seguente, seduta su una sdraio con un libro aperto fra le mani, Marina stava già perdendosi tra le righe quando un’ombra si allungò sulla pagina. Sollevò appena lo sguardo, infastidita dal cambiamento di luce: c’era una figura che osservava la copertina. Poi sentì quella voce maschile, calda e vagamente ironica, rompere il silenzio.
«Se è interessante come la copertina…quasi quasi vado a vedere il film appena esce.»
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri che lo fissavano da sopra gli occhiali da sole.
«Ti dispiace?» gli disse Marina tornando subito al libro, infastidita dall’ennesimo disturbatore.
«Dispiace un po’ alla mia autostima. Non ti ricordi di me?»
Lei sollevò di nuovo lo sguardo, abbassò gli occhiali da sole e sì, lo riconobbe.
«Ma certo!» sorrise sarcasticamente. «Sei il tizio che ama guardare le tette delle sconosciute all’aeroporto.»
«Sì, e anche al mare» e di nuovo lo sguardo fece capolino sul seno procace su cui poggiava un sottile filo dei capelli neri di Marina, «però puoi chiamarmi Elio, per abbreviare lo dico. Metti che stai affogando, se devi star lì a gridare “aiutami tizio che ama guardare le tette alle sconosciute in aeroporto e al mare”, capisci bene che rischi la vita, anche perché io perdo pure il mio tempo a indossare i braccioli, il salvagente…»
Finalmente Elio riuscì a strapparle un sorriso. E non fu certo l’ultimo che Marina, in quelle ore, gli restituì.

Il resto della giornata lo passarono insieme, tra tuffi in mare e giochi in acqua, tra un gelato e una granita, la complicità tra i due cresceva di ora in ora, semplicemente, alternando sberleffi a veloci aneddoti delle proprie vite.
Dopo cena lo rivide al chiosco, con due birre in mano. Gliene porse una senza chiedere. Era con degli amici, ma, stranamente, con loro parlò poco, le sue attenzioni erano tutte dirette verso Marina che stava giocando col cagnolino di un’amica che l’aveva raggiunta. Anche lei lo controllava a distanza, ogni tanto, attenta a non farsi scoprire.
Quando tornò al villino, Marina passò la lingua sulle labbra come se volesse ricercare ancora il sapore della birra offerta da Elio. Sorrise. E se ne accorse.

I due si cercarono la mattina successiva, si trovarono. La spiaggia era ben viva nutrita di voci e risate.
Marina stava all’ombra dell’ombrellone, un libro in mano, quando Elio, appena uscito dall’acqua, le passò davanti e, senza preavviso, si scosse i capelli bagnati proprio sopra di lei.
«Ehi!» protestò, stringendo il libro per non bagnarlo.
«Ops…» fece lui, con un sorrisetto che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un gesto calcolato. Si sedette accanto a lei, ancora gocciolante, e lasciò che lo sguardo scivolasse con disinvoltura verso il costume di Marina, uno spettacolo per i suoi occhi ingordi.
«Ma sicuro che i tuoi amici non sentano troppo la tua mancanza? Sentiti libero di andare a infastidire anche loro, eh.»
«Ti ignoro perché so che mi adori. Oh, ma lo sai che domani a pranzo con i miei amici ci facciamo una bella grigliata di pesce siciliano? Finalmente!» disse, allargando le braccia come se stesse annunciando un evento memorabile. «Non vedevo l’ora.»
Poi, inclinando la testa verso di lei, aggiunse: «Avevo pure pensato di invitare una siciliana…ma ne conosco solo una, ed è antipatica.»
Marina, senza alzare lo sguardo dal libro, replicò con finto distacco: «Quella siciliana lì, oltre a essere antipatica, è pure vegetariana. Quindi, secondo me, non avrebbe accettato.»
Elio rise. «Pure vegetariana? Meno male che è carina, guarda…perché i difetti li ha tutti.»
«Aspetta, aspetta…devo segnare sul diario che mi hai fatto un complimento» disse lei, voltandosi verso di lui con un mezzo sorriso. Posò il libro accanto a sé, poi si girò lentamente, lasciando che il sole le accarezzasse la schiena. Piegò un braccio sotto il viso, facendo scivolare i capelli su un lato, e slacciò piano il laccetto del costume, liberando la pelle alla luce. Corrucciò lo sguardo, scherzosamente. «Per celebrarlo, a pranzo potrei persino cucinare qualcosa per te. A tuo rischio e pericolo, ovvio.»
Gli occhi di Elio seguirono il movimento, soffermandosi sul sedere pieno e dorato dal sole. Un lampo malizioso gli attraversò lo sguardo. «Beh, se me lo chiedi così…accetto la sfida, ma se muoio, dico a tutti che è colpa tua.»
Andarono insieme a comprare il necessario. Tra i banchi affollati, una venditrice sorrise a Elio, indicando le cassette di pomodori. «Alla sua fidanzata diamo i pachino o i datterini?» Marina trattenne un sorriso, fingendo di concentrarsi sulla scelta di altro. «Pachino, grazie.» Elio le lanciò uno sguardo di traverso, ma non replicò.

Arrivati al villino, Marina si mise subito ai fornelli. Elio la osservava muoversi canticchiando, con i capelli raccolti, il costume ancora addosso e quella gonna così aderente che disegnava il suo culo alla perfezione.
«Se continui a muoverti così, rischi di farmi venire certe voglie» mormorò lui.
«Parliamo ancora del pranzo?» ribatté lei, voltandosi appena con un sorriso sornione. Riempì di nascosto un cucchiaio con del couscous e glielo lanciò addosso. Lui la guardò storto ma lei continuò a provocarlo «non avevi fame scusa?»
Lui prese un pomodoro, si avvicinò con calma dietro di lei, le mise la mano sotto il mento e lo strizzò proprio in mezzo ai seni.
«Visto che ti piacciono così tanto i Pechino.»
Lei lo corresse: «Pachino!» fingendosi scandalizzata dal gesto. Lui mosse ancora il pomodoro sulla spalla nuda di Marina e cominciò ad assaggiarlo dal suo corpo. «In effetti è molto buono.»
Strofinando il proprio bacino verso quello di Elio, Marina si girò e aggiunse «e adesso chi pulisce qui?» indicando con gli occhi le strisce e gli schizzi del pomodoro sulla sua pelle. Lui scostò col dito il costume e iniziò a leccarla. «Proprio lì era pulito, Elio» con un rimprovero scherzoso. Spostò con la mano la testa di Elio, lui scivolò con la lingua sul suo collo le afferrò la vita, la guardò per qualche secondo e le disse: «Hai ragione, sono un cafone, assaggia anche tu» e le baciò le labbra mentre il suo membro sempre più gonfio poggiava tra le cosce di Marina. I due si baciarono a lungo, le mani di lui passeggiarono sotto alla gonna di Marina, arrivando a stringerle quel bel sederino su cui tanto aveva fantasticato in quei giorni. Quando la bocca di lui scese di nuovo sul collo, Marina fece scivolare le sue mani sotto la maglietta di Elio, accarezzandogli la schiena possente, fino alle spalle.
«Ti voglio», le sussurrò all’orecchio. Lei camminò col corpo aderente al suo, spingendolo contro il tavolo da pranzo, gli sfilò la maglietta, portò la testa di lui più giù e gli permise, stavolta, di leccarla, liberamente.
«Dimmi che non hai messo una zucchina nei pantaloni» disse lei scendendo a toccare Elio in mezzo alle gambe.
«Ho un cazzo lì, va bene lo stesso? Ed è tutto per te. E sta diventando durissimo».
Continuarono a sentire la loro voglia, stretti, sudati. Lui sollevò le cosce di Marina attorno a sé, e stretti così la fece sedere sul tavolo.
Il respiro di entrambi si fece più veloce, i corpi ancor più vicini…in una danza di continuo cercarsi e scontrarsi.
Poi, sul tavolo, il telefono di Marina vibrò. Entrambi si girarono. Lo schermo illuminato mostrava due parole: Amore mio.
Elio cambiò espressione. Marina lo guardò, ma prese il telefono e rispose. «Andre…posso chiamarti dopo?»
Elio intanto aveva già raccolto la sua maglietta e stava uscendo dalla porta. Marina, chiuse con Andrea inventando una scusa. Gli gridò di aspettare, ma Elio non lo fece.
Gli corse dietro. Lo chiamò per nome, lui si fermò, attese che lei gli si mettesse davanti e le disse: «Guarda, non voglio essere il giocattolino di nessuno.»
«Hai ragione…avrei dovuto dirtelo.»
«Da quanto state insieme?»
«Quasi due anni e mezzo. Viviamo insieme in realtà.»
Il disprezzo negli occhi di Elio fu netto. La dribblò e andò via.

Martina

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.

Dominazione femminile: tutto inizia con un sì

Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.

Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.

“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.

Giochi di potere e desiderio estremo

Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.

Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.

Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.

“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.

Cedere del tutto all’esperienza BDSM

“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.

La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.

Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.

Dopo il BDSM il legame che resta

Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.

“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.

“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.

Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.

Luca 86

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Per approfondire il tema della dominazione femminile su una linea erotica leggi mistress al telefono schiavizzano sottomessi.

Ti è piaciuto questo racconto? Leggi anche la mia esperienza proibita con la suocera…

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Finalmente è stato rimosso il cartello “vendesi” dall’appartamento accanto al mio e da divoratrice di film porno e racconti erotici con milf (soprattutto da quando mi sono separata) mi sto già immaginando mille scenari piccanti con il futuro inquilino. Meglio tornare con i piedi per terra, sarà una coppietta di Sposini, o una donna single come me o, nella remota possibilità che si tratti di un essere maschile, un ometto alto un metro e cinquanta con un’anguria al posto della tartaruga.

Se la realtà dovesse deludermi, per fortuna c’è sempre la fantasia e qualche chiamata erotica per rendere tutto più interessante…

Passano i giorni e rientrando dalla palestra noto due signori sulla settantina che maneggiano con la mia cassetta delle lettere. ” E te pareva!” Dico tra i denti avvicinandomi e faccio notare che la buchetta è mia. Beh, salta fuori che la persona che ci ha venduto le case è la stessa e che ha consegnato loro un mazzo di chiavi che dovrebbe essere mio. Di male in peggio! Se non che la cara signora mi spiega Khedira al figlio di consegnarmi il mazzo completo, così potremo verificare insieme quali sono le mie e quali le sue. Continua raccontandomi che è un ragazzo giovane, solo, lavoratore e che quindi lo stanno aiutando. Me lo sta sponsorizzando? Beh, ora sono proprio curiosa.

Donne mature e ragazzi giovani

Sto passando l’aspirapolvere, mi sembra di sentir bussare quindi la spengo, si, qualcuno sta proprio bussando. “Chi è?” Domando avvicinandomi alla porta ” sono Mattia, il tuo nuovo vicino”. Merda, che tempismo di merda! Sciolgo i capelli e liscio, con un gesto automatico della mano, il top a righe e i leggins neri e apro.

Ci studiamo per qualche istante. Ha sui 25 anni, è poco più alto di me, direi circa 1.75, muscoloso, ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Carino il cucciolo, speriamo che abbia voglia di una bella esperienza hot con una milf perché io ho proprio voglia di un sexy toyboy.
Gli stringo la mano per presentarmi e lo faccio accomodare sfoggiando il mio sorriso più seducente. Lo becco a guardarmi la scollatura, beh, come non capirlo, ho una quarta da far girare la testa e ne approfitto per accarezzarmi innocentemente. Ho visto proprio di recente un paio di video con donne mature e ragazzi giovani iniziare con la provocazione di un semplice tocco e io ho tutta l’intenzione di creare la mia personale avventura erotica, sono una donna matura si, ma ho ancora una gran voglia di scopare.

“Vuoi qualcosa da bere intanto che controllo le chiavi? Ho della birra, vino, semplice acqua…” Mi risponde che la birra va benissimo. La stappo, gliela porgo e, sfiorando con le dita il palmo della sua mano, prendo il mazzo.

Passione con una milf

Nelle fantasie erotiche di ogni milf c’è quella di chiavare con un ragazzo più giovane e questa è la mia occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire.
Già che siamo in vena di cliché aderisco al più banale che mi si offre: faccio cadere le chiavi in modo tale che lui mi veda piegarmi a 90 per raccoglierle. “Vediamo se entrano, oh si, entrano proprio bene” scosto una ciocca dal viso e lo guardo negli occhi “vuoi provare anche tu?”

Sono sicura che nella sua mente si stesse già strutturando una storia erotica, con una milf che praticamente gliela sta sbattendo in faccia mi stupirebbe il contrario. E no, non mi stupisco, con uno scatto si alza e mi raggiunge.
Mi bacia e tocca con quella foga di cui sentiamo la mancanza noi donne mature ma che per i ragazzi giovani è del tutto normale.
Mi solleva la maglietta e mi palpa le tette, poi le lecca e succhia i capezzoli. Io non resto con le mani in mano e gli faccio una sega, è veramente duro e da come lo sento eccitato credo che non durerà molto. No cucciolo non verrai così.

“aspetta, fermati” gli ordino (che non si dica poi che noi donne mature seducenti non sappiamo il fatto nostro), abbasso i leggins, sposto le mutandine e uso la porta come appoggio per inarcare la schiena e allargare le gambe. “Scopami, cazzo sbattimi forte” lui obbedisce, mi prende per i fianchi e me lo ficca tutto nella figa, muovendosi con un ritmo frenetico.

Premo i polpastrelli dell’indice e del medio sul clitoride, voglio venire con questo bel martello pneumatico e non con il suo ricordo. “Si, così bravo, mmm si dai continua che mi fai venire, si, scopami” raggiungo l’orgasmo, manco avessi avuto vent’anni e mi godo quella sensazione paradisiaca che mi pervade. “Sborro, sborro!” Esclama e dopo qualche colpo sento il liquido caldo che mi riempie.

Gli lascio riprendere fiato e quando lo tira fuori Mi inginocchio per ripulirglielo, passando la lingua su quel meraviglioso membro non ancora ammosciato.
“Spero di aver presto bisogno di qualcosa, così Ho la scusa per bussarti, sei veramente una bomba!”
“Certo tesoro, quando vuoi e magari faremo con un po’ più di calma”.
Vieni cucciolo, vieni, dopotutto… Sono una milf della porta accanto.

Terry 79

Le milf ti affascinano? Allora non puoi perderti questo racconto erotico con una milf come protagonista. Se invece preferisci una donna matura dal carattere severo, lasciati intrigare dalle nostre Padrone più severe ed esigenti. E se vuoi scoprire una volta per tutte perché le donne mature piacciono così tanto, c’è un approfondimento che non puoi perdere.

Trasgressioni a Ferragosto parte 2

Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina

Trasgressioni a Ferragosto parte 1

Trasgressioni a ferragosto (PRIMA PARTE DI DUE)

L’aeroporto Falcone-Borsellino era un brulicare di trolley trascinati di fretta, annunci all’altoparlante e odore di caffè bruciacchiato. Marina camminava tra la folla con il telefono stretto in mano, il pollice che saltava veloce da una chat all’altra.
Appena atterrata, amore — inviò ad Andrea.
Sei arrivata? Io sì — scrisse all’amica Danila, che se ne stava in giro per Parigi.
Troppo concentrata sullo schermo, non si accorse dell’uomo davanti a sé. Ci sbatté contro, il seno urtò contro le sue spalle.
«Scusami» disse d’istinto. Lui si voltò di scatto, lo sguardo rapido, quasi automatico, scese sul décolleté. «No ma figurati…è la prima volta che mi piace un tamponamento».
Marina colse l’occhiata e sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non aggiunse altro e lo superò, diretta verso l’uscita.

Il taxi la lasciò davanti al cancello bianco del villino di Danila, a Cefalù. Il sole era già alto, e il vestitino corto e scollato che indossava le aderiva leggermente alla pelle per via dell’umidità.
Recuperate le chiavi dal vicino indicato dall’amica, entrò.
Dentro, il villino era caldo e silenzioso. Sul tavolo dell’ingresso, un biglietto: Divertiti…ma non con il vicino, che è sposato. La calligrafia tonda e un piccolo cuoricino a fine frase erano tipici di Danila.
Marina sorrise tra sé, lasciò il trolley e iniziò ad abbassare le spalline del vestito mentre si avviava verso una tanto agognata doccia. Il tessuto le scivolò giù dai fianchi, rivelando la pelle già leggermente dorata. Il vestito le si impigliò ai tacchi — la solita pasticciona — e si piegò per slacciare le cinghiette delle scarpe, che lanciò vicino a sé per poi far fare un lungo volo al vestitino. Un passo dopo l’altro, si liberò anche delle mutandine che lasciò cadere vicino alla porta del bagno.

Aprì l’acqua fredda della doccia: il primo getto colpì il seno, facendole contrarre i capezzoli. Rimase immobile per un istante, respirando piano, lasciando che il fresco si diffondesse dalla pelle all’interno del corpo. Passò le mani sul collo, risalendo alla nuca, poi scese lentamente lungo i fianchi, seguendo la curva dei glutei e lasciando che le dita si insinuassero appena tra le cosce.
Le gocce le accarezzavano il ventre e si infrangevano contro il monte di Venere, per poi scivolare giù tra le gambe, unite e rilassate. Sciolse i lunghi capelli che, bagnati, aderirono alla schiena, scivolando come una seta pesante fino a sfiorarle le natiche. Inclinò il capo all’indietro, lasciando che l’acqua le lambisse le labbra socchiuse e si mescolasse al respiro caldo che le usciva dalla bocca.
Insaponò lentamente i seni, giocò con movimenti circolari, facendo scivolare la schiuma intorno ai capezzoli turgidi e indugiando su di essi finché abbandonò il destro per far scorrere la mano verso il ventre, superandolo e continuando oltre, proprio lì, dove il calore e il fresco si incontrarono in un brivido. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell’aria densa di mare, sentendo il cuore batterle lento ma forte, assaporando il piccolo paradiso nato dal contrasto tra l’acqua fredda e la pelle ardente.

La mattina seguente, seduta su una sdraio con un libro aperto fra le mani, Marina stava già perdendosi tra le righe quando un’ombra si allungò sulla pagina. Sollevò appena lo sguardo, infastidita dal cambiamento di luce: c’era una figura che osservava la copertina. Poi sentì quella voce maschile, calda e vagamente ironica, rompere il silenzio.
«Se è interessante come la copertina…quasi quasi vado a vedere il film appena esce.»
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri che lo fissavano da sopra gli occhiali da sole.
«Ti dispiace?» gli disse Marina tornando subito al libro, infastidita dall’ennesimo disturbatore.
«Dispiace un po’ alla mia autostima. Non ti ricordi di me?»
Lei sollevò di nuovo lo sguardo, abbassò gli occhiali da sole e sì, lo riconobbe.
«Ma certo!» sorrise sarcasticamente. «Sei il tizio che ama guardare le tette delle sconosciute all’aeroporto.»
«Sì, e anche al mare» e di nuovo lo sguardo fece capolino sul seno procace su cui poggiava un sottile filo dei capelli neri di Marina, «però puoi chiamarmi Elio, per abbreviare lo dico. Metti che stai affogando, se devi star lì a gridare “aiutami tizio che ama guardare le tette alle sconosciute in aeroporto e al mare”, capisci bene che rischi la vita, anche perché io perdo pure il mio tempo a indossare i braccioli, il salvagente…»
Finalmente Elio riuscì a strapparle un sorriso. E non fu certo l’ultimo che Marina, in quelle ore, gli restituì.

Il resto della giornata lo passarono insieme, tra tuffi in mare e giochi in acqua, tra un gelato e una granita, la complicità tra i due cresceva di ora in ora, semplicemente, alternando sberleffi a veloci aneddoti delle proprie vite.
Dopo cena lo rivide al chiosco, con due birre in mano. Gliene porse una senza chiedere. Era con degli amici, ma, stranamente, con loro parlò poco, le sue attenzioni erano tutte dirette verso Marina che stava giocando col cagnolino di un’amica che l’aveva raggiunta. Anche lei lo controllava a distanza, ogni tanto, attenta a non farsi scoprire.
Quando tornò al villino, Marina passò la lingua sulle labbra come se volesse ricercare ancora il sapore della birra offerta da Elio. Sorrise. E se ne accorse.

I due si cercarono la mattina successiva, si trovarono. La spiaggia era ben viva nutrita di voci e risate.
Marina stava all’ombra dell’ombrellone, un libro in mano, quando Elio, appena uscito dall’acqua, le passò davanti e, senza preavviso, si scosse i capelli bagnati proprio sopra di lei.
«Ehi!» protestò, stringendo il libro per non bagnarlo.
«Ops…» fece lui, con un sorrisetto che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un gesto calcolato. Si sedette accanto a lei, ancora gocciolante, e lasciò che lo sguardo scivolasse con disinvoltura verso il costume di Marina, uno spettacolo per i suoi occhi ingordi.
«Ma sicuro che i tuoi amici non sentano troppo la tua mancanza? Sentiti libero di andare a infastidire anche loro, eh.»
«Ti ignoro perché so che mi adori. Oh, ma lo sai che domani a pranzo con i miei amici ci facciamo una bella grigliata di pesce siciliano? Finalmente!» disse, allargando le braccia come se stesse annunciando un evento memorabile. «Non vedevo l’ora.»
Poi, inclinando la testa verso di lei, aggiunse: «Avevo pure pensato di invitare una siciliana…ma ne conosco solo una, ed è antipatica.»
Marina, senza alzare lo sguardo dal libro, replicò con finto distacco: «Quella siciliana lì, oltre a essere antipatica, è pure vegetariana. Quindi, secondo me, non avrebbe accettato.»
Elio rise. «Pure vegetariana? Meno male che è carina, guarda…perché i difetti li ha tutti.»
«Aspetta, aspetta…devo segnare sul diario che mi hai fatto un complimento» disse lei, voltandosi verso di lui con un mezzo sorriso. Posò il libro accanto a sé, poi si girò lentamente, lasciando che il sole le accarezzasse la schiena. Piegò un braccio sotto il viso, facendo scivolare i capelli su un lato, e slacciò piano il laccetto del costume, liberando la pelle alla luce. Corrucciò lo sguardo, scherzosamente. «Per celebrarlo, a pranzo potrei persino cucinare qualcosa per te. A tuo rischio e pericolo, ovvio.»
Gli occhi di Elio seguirono il movimento, soffermandosi sul sedere pieno e dorato dal sole. Un lampo malizioso gli attraversò lo sguardo. «Beh, se me lo chiedi così…accetto la sfida, ma se muoio, dico a tutti che è colpa tua.»
Andarono insieme a comprare il necessario. Tra i banchi affollati, una venditrice sorrise a Elio, indicando le cassette di pomodori. «Alla sua fidanzata diamo i pachino o i datterini?» Marina trattenne un sorriso, fingendo di concentrarsi sulla scelta di altro. «Pachino, grazie.» Elio le lanciò uno sguardo di traverso, ma non replicò.

Arrivati al villino, Marina si mise subito ai fornelli. Elio la osservava muoversi canticchiando, con i capelli raccolti, il costume ancora addosso e quella gonna così aderente che disegnava il suo culo alla perfezione.
«Se continui a muoverti così, rischi di farmi venire certe voglie» mormorò lui.
«Parliamo ancora del pranzo?» ribatté lei, voltandosi appena con un sorriso sornione. Riempì di nascosto un cucchiaio con del couscous e glielo lanciò addosso. Lui la guardò storto ma lei continuò a provocarlo «non avevi fame scusa?»
Lui prese un pomodoro, si avvicinò con calma dietro di lei, le mise la mano sotto il mento e lo strizzò proprio in mezzo ai seni.
«Visto che ti piacciono così tanto i Pechino.»
Lei lo corresse: «Pachino!» fingendosi scandalizzata dal gesto. Lui mosse ancora il pomodoro sulla spalla nuda di Marina e cominciò ad assaggiarlo dal suo corpo. «In effetti è molto buono.»
Strofinando il proprio bacino verso quello di Elio, Marina si girò e aggiunse «e adesso chi pulisce qui?» indicando con gli occhi le strisce e gli schizzi del pomodoro sulla sua pelle. Lui scostò col dito il costume e iniziò a leccarla. «Proprio lì era pulito, Elio» con un rimprovero scherzoso. Spostò con la mano la testa di Elio, lui scivolò con la lingua sul suo collo le afferrò la vita, la guardò per qualche secondo e le disse: «Hai ragione, sono un cafone, assaggia anche tu» e le baciò le labbra mentre il suo membro sempre più gonfio poggiava tra le cosce di Marina. I due si baciarono a lungo, le mani di lui passeggiarono sotto alla gonna di Marina, arrivando a stringerle quel bel sederino su cui tanto aveva fantasticato in quei giorni. Quando la bocca di lui scese di nuovo sul collo, Marina fece scivolare le sue mani sotto la maglietta di Elio, accarezzandogli la schiena possente, fino alle spalle.
«Ti voglio», le sussurrò all’orecchio. Lei camminò col corpo aderente al suo, spingendolo contro il tavolo da pranzo, gli sfilò la maglietta, portò la testa di lui più giù e gli permise, stavolta, di leccarla, liberamente.
«Dimmi che non hai messo una zucchina nei pantaloni» disse lei scendendo a toccare Elio in mezzo alle gambe.
«Ho un cazzo lì, va bene lo stesso? Ed è tutto per te. E sta diventando durissimo».
Continuarono a sentire la loro voglia, stretti, sudati. Lui sollevò le cosce di Marina attorno a sé, e stretti così la fece sedere sul tavolo.
Il respiro di entrambi si fece più veloce, i corpi ancor più vicini…in una danza di continuo cercarsi e scontrarsi.
Poi, sul tavolo, il telefono di Marina vibrò. Entrambi si girarono. Lo schermo illuminato mostrava due parole: Amore mio.
Elio cambiò espressione. Marina lo guardò, ma prese il telefono e rispose. «Andre…posso chiamarti dopo?»
Elio intanto aveva già raccolto la sua maglietta e stava uscendo dalla porta. Marina, chiuse con Andrea inventando una scusa. Gli gridò di aspettare, ma Elio non lo fece.
Gli corse dietro. Lo chiamò per nome, lui si fermò, attese che lei gli si mettesse davanti e le disse: «Guarda, non voglio essere il giocattolino di nessuno.»
«Hai ragione…avrei dovuto dirtelo.»
«Da quanto state insieme?»
«Quasi due anni e mezzo. Viviamo insieme in realtà.»
Il disprezzo negli occhi di Elio fu netto. La dribblò e andò via.

Martina

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.

Dominazione femminile: tutto inizia con un sì

Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.

Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.

“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.

Giochi di potere e desiderio estremo

Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.

Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.

Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.

“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.

Cedere del tutto all’esperienza BDSM

“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.

La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.

Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.

Dopo il BDSM il legame che resta

Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.

“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.

“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.

Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.

Luca 86

Chiama una delle Luxury girls e vivi il tuo racconto BDSM in diretta. Trova la tua padrona preferita e controlla nei turni quando la potrai trovare.

Per approfondire il tema della dominazione femminile su una linea erotica leggi mistress al telefono schiavizzano sottomessi.

Ti è piaciuto questo racconto? Leggi anche la mia esperienza proibita con la suocera…

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Finalmente è stato rimosso il cartello “vendesi” dall’appartamento accanto al mio e da divoratrice di film porno e racconti erotici con milf (soprattutto da quando mi sono separata) mi sto già immaginando mille scenari piccanti con il futuro inquilino. Meglio tornare con i piedi per terra, sarà una coppietta di Sposini, o una donna single come me o, nella remota possibilità che si tratti di un essere maschile, un ometto alto un metro e cinquanta con un’anguria al posto della tartaruga.

Se la realtà dovesse deludermi, per fortuna c’è sempre la fantasia e qualche chiamata erotica per rendere tutto più interessante…

Passano i giorni e rientrando dalla palestra noto due signori sulla settantina che maneggiano con la mia cassetta delle lettere. ” E te pareva!” Dico tra i denti avvicinandomi e faccio notare che la buchetta è mia. Beh, salta fuori che la persona che ci ha venduto le case è la stessa e che ha consegnato loro un mazzo di chiavi che dovrebbe essere mio. Di male in peggio! Se non che la cara signora mi spiega Khedira al figlio di consegnarmi il mazzo completo, così potremo verificare insieme quali sono le mie e quali le sue. Continua raccontandomi che è un ragazzo giovane, solo, lavoratore e che quindi lo stanno aiutando. Me lo sta sponsorizzando? Beh, ora sono proprio curiosa.

Donne mature e ragazzi giovani

Sto passando l’aspirapolvere, mi sembra di sentir bussare quindi la spengo, si, qualcuno sta proprio bussando. “Chi è?” Domando avvicinandomi alla porta ” sono Mattia, il tuo nuovo vicino”. Merda, che tempismo di merda! Sciolgo i capelli e liscio, con un gesto automatico della mano, il top a righe e i leggins neri e apro.

Ci studiamo per qualche istante. Ha sui 25 anni, è poco più alto di me, direi circa 1.75, muscoloso, ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Carino il cucciolo, speriamo che abbia voglia di una bella esperienza hot con una milf perché io ho proprio voglia di un sexy toyboy.
Gli stringo la mano per presentarmi e lo faccio accomodare sfoggiando il mio sorriso più seducente. Lo becco a guardarmi la scollatura, beh, come non capirlo, ho una quarta da far girare la testa e ne approfitto per accarezzarmi innocentemente. Ho visto proprio di recente un paio di video con donne mature e ragazzi giovani iniziare con la provocazione di un semplice tocco e io ho tutta l’intenzione di creare la mia personale avventura erotica, sono una donna matura si, ma ho ancora una gran voglia di scopare.

“Vuoi qualcosa da bere intanto che controllo le chiavi? Ho della birra, vino, semplice acqua…” Mi risponde che la birra va benissimo. La stappo, gliela porgo e, sfiorando con le dita il palmo della sua mano, prendo il mazzo.

Passione con una milf

Nelle fantasie erotiche di ogni milf c’è quella di chiavare con un ragazzo più giovane e questa è la mia occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire.
Già che siamo in vena di cliché aderisco al più banale che mi si offre: faccio cadere le chiavi in modo tale che lui mi veda piegarmi a 90 per raccoglierle. “Vediamo se entrano, oh si, entrano proprio bene” scosto una ciocca dal viso e lo guardo negli occhi “vuoi provare anche tu?”

Sono sicura che nella sua mente si stesse già strutturando una storia erotica, con una milf che praticamente gliela sta sbattendo in faccia mi stupirebbe il contrario. E no, non mi stupisco, con uno scatto si alza e mi raggiunge.
Mi bacia e tocca con quella foga di cui sentiamo la mancanza noi donne mature ma che per i ragazzi giovani è del tutto normale.
Mi solleva la maglietta e mi palpa le tette, poi le lecca e succhia i capezzoli. Io non resto con le mani in mano e gli faccio una sega, è veramente duro e da come lo sento eccitato credo che non durerà molto. No cucciolo non verrai così.

“aspetta, fermati” gli ordino (che non si dica poi che noi donne mature seducenti non sappiamo il fatto nostro), abbasso i leggins, sposto le mutandine e uso la porta come appoggio per inarcare la schiena e allargare le gambe. “Scopami, cazzo sbattimi forte” lui obbedisce, mi prende per i fianchi e me lo ficca tutto nella figa, muovendosi con un ritmo frenetico.

Premo i polpastrelli dell’indice e del medio sul clitoride, voglio venire con questo bel martello pneumatico e non con il suo ricordo. “Si, così bravo, mmm si dai continua che mi fai venire, si, scopami” raggiungo l’orgasmo, manco avessi avuto vent’anni e mi godo quella sensazione paradisiaca che mi pervade. “Sborro, sborro!” Esclama e dopo qualche colpo sento il liquido caldo che mi riempie.

Gli lascio riprendere fiato e quando lo tira fuori Mi inginocchio per ripulirglielo, passando la lingua su quel meraviglioso membro non ancora ammosciato.
“Spero di aver presto bisogno di qualcosa, così Ho la scusa per bussarti, sei veramente una bomba!”
“Certo tesoro, quando vuoi e magari faremo con un po’ più di calma”.
Vieni cucciolo, vieni, dopotutto… Sono una milf della porta accanto.

Terry 79

Le milf ti affascinano? Allora non puoi perderti questo racconto erotico con una milf come protagonista. Se invece preferisci una donna matura dal carattere severo, lasciati intrigare dalle nostre Padrone più severe ed esigenti. E se vuoi scoprire una volta per tutte perché le donne mature piacciono così tanto, c’è un approfondimento che non puoi perdere.

Trasgressioni a Ferragosto parte 2

Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina

Trasgressioni a Ferragosto parte 1

Trasgressioni a ferragosto (PRIMA PARTE DI DUE)

L’aeroporto Falcone-Borsellino era un brulicare di trolley trascinati di fretta, annunci all’altoparlante e odore di caffè bruciacchiato. Marina camminava tra la folla con il telefono stretto in mano, il pollice che saltava veloce da una chat all’altra.
Appena atterrata, amore — inviò ad Andrea.
Sei arrivata? Io sì — scrisse all’amica Danila, che se ne stava in giro per Parigi.
Troppo concentrata sullo schermo, non si accorse dell’uomo davanti a sé. Ci sbatté contro, il seno urtò contro le sue spalle.
«Scusami» disse d’istinto. Lui si voltò di scatto, lo sguardo rapido, quasi automatico, scese sul décolleté. «No ma figurati…è la prima volta che mi piace un tamponamento».
Marina colse l’occhiata e sbuffò, roteando gli occhi al cielo. Non aggiunse altro e lo superò, diretta verso l’uscita.

Il taxi la lasciò davanti al cancello bianco del villino di Danila, a Cefalù. Il sole era già alto, e il vestitino corto e scollato che indossava le aderiva leggermente alla pelle per via dell’umidità.
Recuperate le chiavi dal vicino indicato dall’amica, entrò.
Dentro, il villino era caldo e silenzioso. Sul tavolo dell’ingresso, un biglietto: Divertiti…ma non con il vicino, che è sposato. La calligrafia tonda e un piccolo cuoricino a fine frase erano tipici di Danila.
Marina sorrise tra sé, lasciò il trolley e iniziò ad abbassare le spalline del vestito mentre si avviava verso una tanto agognata doccia. Il tessuto le scivolò giù dai fianchi, rivelando la pelle già leggermente dorata. Il vestito le si impigliò ai tacchi — la solita pasticciona — e si piegò per slacciare le cinghiette delle scarpe, che lanciò vicino a sé per poi far fare un lungo volo al vestitino. Un passo dopo l’altro, si liberò anche delle mutandine che lasciò cadere vicino alla porta del bagno.

Aprì l’acqua fredda della doccia: il primo getto colpì il seno, facendole contrarre i capezzoli. Rimase immobile per un istante, respirando piano, lasciando che il fresco si diffondesse dalla pelle all’interno del corpo. Passò le mani sul collo, risalendo alla nuca, poi scese lentamente lungo i fianchi, seguendo la curva dei glutei e lasciando che le dita si insinuassero appena tra le cosce.
Le gocce le accarezzavano il ventre e si infrangevano contro il monte di Venere, per poi scivolare giù tra le gambe, unite e rilassate. Sciolse i lunghi capelli che, bagnati, aderirono alla schiena, scivolando come una seta pesante fino a sfiorarle le natiche. Inclinò il capo all’indietro, lasciando che l’acqua le lambisse le labbra socchiuse e si mescolasse al respiro caldo che le usciva dalla bocca.
Insaponò lentamente i seni, giocò con movimenti circolari, facendo scivolare la schiuma intorno ai capezzoli turgidi e indugiando su di essi finché abbandonò il destro per far scorrere la mano verso il ventre, superandolo e continuando oltre, proprio lì, dove il calore e il fresco si incontrarono in un brivido. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo quell’aria densa di mare, sentendo il cuore batterle lento ma forte, assaporando il piccolo paradiso nato dal contrasto tra l’acqua fredda e la pelle ardente.

La mattina seguente, seduta su una sdraio con un libro aperto fra le mani, Marina stava già perdendosi tra le righe quando un’ombra si allungò sulla pagina. Sollevò appena lo sguardo, infastidita dal cambiamento di luce: c’era una figura che osservava la copertina. Poi sentì quella voce maschile, calda e vagamente ironica, rompere il silenzio.
«Se è interessante come la copertina…quasi quasi vado a vedere il film appena esce.»
Alzò lo sguardo, gli occhi azzurri che lo fissavano da sopra gli occhiali da sole.
«Ti dispiace?» gli disse Marina tornando subito al libro, infastidita dall’ennesimo disturbatore.
«Dispiace un po’ alla mia autostima. Non ti ricordi di me?»
Lei sollevò di nuovo lo sguardo, abbassò gli occhiali da sole e sì, lo riconobbe.
«Ma certo!» sorrise sarcasticamente. «Sei il tizio che ama guardare le tette delle sconosciute all’aeroporto.»
«Sì, e anche al mare» e di nuovo lo sguardo fece capolino sul seno procace su cui poggiava un sottile filo dei capelli neri di Marina, «però puoi chiamarmi Elio, per abbreviare lo dico. Metti che stai affogando, se devi star lì a gridare “aiutami tizio che ama guardare le tette alle sconosciute in aeroporto e al mare”, capisci bene che rischi la vita, anche perché io perdo pure il mio tempo a indossare i braccioli, il salvagente…»
Finalmente Elio riuscì a strapparle un sorriso. E non fu certo l’ultimo che Marina, in quelle ore, gli restituì.

Il resto della giornata lo passarono insieme, tra tuffi in mare e giochi in acqua, tra un gelato e una granita, la complicità tra i due cresceva di ora in ora, semplicemente, alternando sberleffi a veloci aneddoti delle proprie vite.
Dopo cena lo rivide al chiosco, con due birre in mano. Gliene porse una senza chiedere. Era con degli amici, ma, stranamente, con loro parlò poco, le sue attenzioni erano tutte dirette verso Marina che stava giocando col cagnolino di un’amica che l’aveva raggiunta. Anche lei lo controllava a distanza, ogni tanto, attenta a non farsi scoprire.
Quando tornò al villino, Marina passò la lingua sulle labbra come se volesse ricercare ancora il sapore della birra offerta da Elio. Sorrise. E se ne accorse.

I due si cercarono la mattina successiva, si trovarono. La spiaggia era ben viva nutrita di voci e risate.
Marina stava all’ombra dell’ombrellone, un libro in mano, quando Elio, appena uscito dall’acqua, le passò davanti e, senza preavviso, si scosse i capelli bagnati proprio sopra di lei.
«Ehi!» protestò, stringendo il libro per non bagnarlo.
«Ops…» fece lui, con un sorrisetto che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che fosse un gesto calcolato. Si sedette accanto a lei, ancora gocciolante, e lasciò che lo sguardo scivolasse con disinvoltura verso il costume di Marina, uno spettacolo per i suoi occhi ingordi.
«Ma sicuro che i tuoi amici non sentano troppo la tua mancanza? Sentiti libero di andare a infastidire anche loro, eh.»
«Ti ignoro perché so che mi adori. Oh, ma lo sai che domani a pranzo con i miei amici ci facciamo una bella grigliata di pesce siciliano? Finalmente!» disse, allargando le braccia come se stesse annunciando un evento memorabile. «Non vedevo l’ora.»
Poi, inclinando la testa verso di lei, aggiunse: «Avevo pure pensato di invitare una siciliana…ma ne conosco solo una, ed è antipatica.»
Marina, senza alzare lo sguardo dal libro, replicò con finto distacco: «Quella siciliana lì, oltre a essere antipatica, è pure vegetariana. Quindi, secondo me, non avrebbe accettato.»
Elio rise. «Pure vegetariana? Meno male che è carina, guarda…perché i difetti li ha tutti.»
«Aspetta, aspetta…devo segnare sul diario che mi hai fatto un complimento» disse lei, voltandosi verso di lui con un mezzo sorriso. Posò il libro accanto a sé, poi si girò lentamente, lasciando che il sole le accarezzasse la schiena. Piegò un braccio sotto il viso, facendo scivolare i capelli su un lato, e slacciò piano il laccetto del costume, liberando la pelle alla luce. Corrucciò lo sguardo, scherzosamente. «Per celebrarlo, a pranzo potrei persino cucinare qualcosa per te. A tuo rischio e pericolo, ovvio.»
Gli occhi di Elio seguirono il movimento, soffermandosi sul sedere pieno e dorato dal sole. Un lampo malizioso gli attraversò lo sguardo. «Beh, se me lo chiedi così…accetto la sfida, ma se muoio, dico a tutti che è colpa tua.»
Andarono insieme a comprare il necessario. Tra i banchi affollati, una venditrice sorrise a Elio, indicando le cassette di pomodori. «Alla sua fidanzata diamo i pachino o i datterini?» Marina trattenne un sorriso, fingendo di concentrarsi sulla scelta di altro. «Pachino, grazie.» Elio le lanciò uno sguardo di traverso, ma non replicò.

Arrivati al villino, Marina si mise subito ai fornelli. Elio la osservava muoversi canticchiando, con i capelli raccolti, il costume ancora addosso e quella gonna così aderente che disegnava il suo culo alla perfezione.
«Se continui a muoverti così, rischi di farmi venire certe voglie» mormorò lui.
«Parliamo ancora del pranzo?» ribatté lei, voltandosi appena con un sorriso sornione. Riempì di nascosto un cucchiaio con del couscous e glielo lanciò addosso. Lui la guardò storto ma lei continuò a provocarlo «non avevi fame scusa?»
Lui prese un pomodoro, si avvicinò con calma dietro di lei, le mise la mano sotto il mento e lo strizzò proprio in mezzo ai seni.
«Visto che ti piacciono così tanto i Pechino.»
Lei lo corresse: «Pachino!» fingendosi scandalizzata dal gesto. Lui mosse ancora il pomodoro sulla spalla nuda di Marina e cominciò ad assaggiarlo dal suo corpo. «In effetti è molto buono.»
Strofinando il proprio bacino verso quello di Elio, Marina si girò e aggiunse «e adesso chi pulisce qui?» indicando con gli occhi le strisce e gli schizzi del pomodoro sulla sua pelle. Lui scostò col dito il costume e iniziò a leccarla. «Proprio lì era pulito, Elio» con un rimprovero scherzoso. Spostò con la mano la testa di Elio, lui scivolò con la lingua sul suo collo le afferrò la vita, la guardò per qualche secondo e le disse: «Hai ragione, sono un cafone, assaggia anche tu» e le baciò le labbra mentre il suo membro sempre più gonfio poggiava tra le cosce di Marina. I due si baciarono a lungo, le mani di lui passeggiarono sotto alla gonna di Marina, arrivando a stringerle quel bel sederino su cui tanto aveva fantasticato in quei giorni. Quando la bocca di lui scese di nuovo sul collo, Marina fece scivolare le sue mani sotto la maglietta di Elio, accarezzandogli la schiena possente, fino alle spalle.
«Ti voglio», le sussurrò all’orecchio. Lei camminò col corpo aderente al suo, spingendolo contro il tavolo da pranzo, gli sfilò la maglietta, portò la testa di lui più giù e gli permise, stavolta, di leccarla, liberamente.
«Dimmi che non hai messo una zucchina nei pantaloni» disse lei scendendo a toccare Elio in mezzo alle gambe.
«Ho un cazzo lì, va bene lo stesso? Ed è tutto per te. E sta diventando durissimo».
Continuarono a sentire la loro voglia, stretti, sudati. Lui sollevò le cosce di Marina attorno a sé, e stretti così la fece sedere sul tavolo.
Il respiro di entrambi si fece più veloce, i corpi ancor più vicini…in una danza di continuo cercarsi e scontrarsi.
Poi, sul tavolo, il telefono di Marina vibrò. Entrambi si girarono. Lo schermo illuminato mostrava due parole: Amore mio.
Elio cambiò espressione. Marina lo guardò, ma prese il telefono e rispose. «Andre…posso chiamarti dopo?»
Elio intanto aveva già raccolto la sua maglietta e stava uscendo dalla porta. Marina, chiuse con Andrea inventando una scusa. Gli gridò di aspettare, ma Elio non lo fece.
Gli corse dietro. Lo chiamò per nome, lui si fermò, attese che lei gli si mettesse davanti e le disse: «Guarda, non voglio essere il giocattolino di nessuno.»
«Hai ragione…avrei dovuto dirtelo.»
«Da quanto state insieme?»
«Quasi due anni e mezzo. Viviamo insieme in realtà.»
Il disprezzo negli occhi di Elio fu netto. La dribblò e andò via.

Martina

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Racconti erotici di dominazione: la mia prima volta da sottomesso

Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.

Dominazione femminile: tutto inizia con un sì

Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.

Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.

“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.

Giochi di potere e desiderio estremo

Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.

Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.

Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.

“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.

Cedere del tutto all’esperienza BDSM

“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.

La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.

Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.

Dopo il BDSM il legame che resta

Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.

“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.

“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.

Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.

Luca 86

Chiama una delle Luxury girls e vivi il tuo racconto BDSM in diretta. Trova la tua padrona preferita e controlla nei turni quando la potrai trovare.

Per approfondire il tema della dominazione femminile su una linea erotica leggi mistress al telefono schiavizzano sottomessi.

Ti è piaciuto questo racconto? Leggi anche la mia esperienza proibita con la suocera…

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Racconti erotici: la milf della porta accanto

Finalmente è stato rimosso il cartello “vendesi” dall’appartamento accanto al mio e da divoratrice di film porno e racconti erotici con milf (soprattutto da quando mi sono separata) mi sto già immaginando mille scenari piccanti con il futuro inquilino. Meglio tornare con i piedi per terra, sarà una coppietta di Sposini, o una donna single come me o, nella remota possibilità che si tratti di un essere maschile, un ometto alto un metro e cinquanta con un’anguria al posto della tartaruga.

Se la realtà dovesse deludermi, per fortuna c’è sempre la fantasia e qualche chiamata erotica per rendere tutto più interessante…

Passano i giorni e rientrando dalla palestra noto due signori sulla settantina che maneggiano con la mia cassetta delle lettere. ” E te pareva!” Dico tra i denti avvicinandomi e faccio notare che la buchetta è mia. Beh, salta fuori che la persona che ci ha venduto le case è la stessa e che ha consegnato loro un mazzo di chiavi che dovrebbe essere mio. Di male in peggio! Se non che la cara signora mi spiega Khedira al figlio di consegnarmi il mazzo completo, così potremo verificare insieme quali sono le mie e quali le sue. Continua raccontandomi che è un ragazzo giovane, solo, lavoratore e che quindi lo stanno aiutando. Me lo sta sponsorizzando? Beh, ora sono proprio curiosa.

Donne mature e ragazzi giovani

Sto passando l’aspirapolvere, mi sembra di sentir bussare quindi la spengo, si, qualcuno sta proprio bussando. “Chi è?” Domando avvicinandomi alla porta ” sono Mattia, il tuo nuovo vicino”. Merda, che tempismo di merda! Sciolgo i capelli e liscio, con un gesto automatico della mano, il top a righe e i leggins neri e apro.

Ci studiamo per qualche istante. Ha sui 25 anni, è poco più alto di me, direi circa 1.75, muscoloso, ha i capelli castani e gli occhi nocciola. Carino il cucciolo, speriamo che abbia voglia di una bella esperienza hot con una milf perché io ho proprio voglia di un sexy toyboy.
Gli stringo la mano per presentarmi e lo faccio accomodare sfoggiando il mio sorriso più seducente. Lo becco a guardarmi la scollatura, beh, come non capirlo, ho una quarta da far girare la testa e ne approfitto per accarezzarmi innocentemente. Ho visto proprio di recente un paio di video con donne mature e ragazzi giovani iniziare con la provocazione di un semplice tocco e io ho tutta l’intenzione di creare la mia personale avventura erotica, sono una donna matura si, ma ho ancora una gran voglia di scopare.

“Vuoi qualcosa da bere intanto che controllo le chiavi? Ho della birra, vino, semplice acqua…” Mi risponde che la birra va benissimo. La stappo, gliela porgo e, sfiorando con le dita il palmo della sua mano, prendo il mazzo.

Passione con una milf

Nelle fantasie erotiche di ogni milf c’è quella di chiavare con un ragazzo più giovane e questa è la mia occasione d’oro, non posso lasciarmela sfuggire.
Già che siamo in vena di cliché aderisco al più banale che mi si offre: faccio cadere le chiavi in modo tale che lui mi veda piegarmi a 90 per raccoglierle. “Vediamo se entrano, oh si, entrano proprio bene” scosto una ciocca dal viso e lo guardo negli occhi “vuoi provare anche tu?”

Sono sicura che nella sua mente si stesse già strutturando una storia erotica, con una milf che praticamente gliela sta sbattendo in faccia mi stupirebbe il contrario. E no, non mi stupisco, con uno scatto si alza e mi raggiunge.
Mi bacia e tocca con quella foga di cui sentiamo la mancanza noi donne mature ma che per i ragazzi giovani è del tutto normale.
Mi solleva la maglietta e mi palpa le tette, poi le lecca e succhia i capezzoli. Io non resto con le mani in mano e gli faccio una sega, è veramente duro e da come lo sento eccitato credo che non durerà molto. No cucciolo non verrai così.

“aspetta, fermati” gli ordino (che non si dica poi che noi donne mature seducenti non sappiamo il fatto nostro), abbasso i leggins, sposto le mutandine e uso la porta come appoggio per inarcare la schiena e allargare le gambe. “Scopami, cazzo sbattimi forte” lui obbedisce, mi prende per i fianchi e me lo ficca tutto nella figa, muovendosi con un ritmo frenetico.

Premo i polpastrelli dell’indice e del medio sul clitoride, voglio venire con questo bel martello pneumatico e non con il suo ricordo. “Si, così bravo, mmm si dai continua che mi fai venire, si, scopami” raggiungo l’orgasmo, manco avessi avuto vent’anni e mi godo quella sensazione paradisiaca che mi pervade. “Sborro, sborro!” Esclama e dopo qualche colpo sento il liquido caldo che mi riempie.

Gli lascio riprendere fiato e quando lo tira fuori Mi inginocchio per ripulirglielo, passando la lingua su quel meraviglioso membro non ancora ammosciato.
“Spero di aver presto bisogno di qualcosa, così Ho la scusa per bussarti, sei veramente una bomba!”
“Certo tesoro, quando vuoi e magari faremo con un po’ più di calma”.
Vieni cucciolo, vieni, dopotutto… Sono una milf della porta accanto.

Terry 79

Le milf ti affascinano? Allora non puoi perderti questo racconto erotico con una milf come protagonista. Se invece preferisci una donna matura dal carattere severo, lasciati intrigare dalle nostre Padrone più severe ed esigenti. E se vuoi scoprire una volta per tutte perché le donne mature piacciono così tanto, c’è un approfondimento che non puoi perdere.