Non credevo nei racconti erotici di dominazione, pensavo fossero esagerazioni, quelle cose che si leggono solo nei romanzetti, fantasie estreme distanti anni luce dalla realtà. Poi… Poi è arrivata lei che con una sola parola ha sgretolato tutte le mie certezze.
“Inginocchiati!” Non c’era rabbia nella sua voce, solo controllo e io ho obbedito, senza pensare, senza riflettere, come fosse un automatismo.
Mi aspettavo di vederla sorridente, avvolta da un sexy vestitino colorato, pronta per la nostra prima uscita; invece indossava un completo di latex nero, il sorriso era più da pantera affamata che da gattina emozionata e altro che tavolo a lume di candela! Le candele c’erano ma per essere usate su di me.
Ed è così che ebbe inizio la mia prima volta da sottomesso.
Dominazione femminile: tutto inizia con un sì
Eretta e bellissima di fronte a me che sono prostrato ai suoi piedi, la classica immagine che viene alla mente quando si pensa alla relazione mistress slave, appoggia l’estremità del frustino sulla mia guancia. Dice che imparerò il significato di provare piacere nella sottomissione, che capirò che cosa vuol dire essere spogliato di tutto tranne del desiderio e, con un tono di voce più scottante della sabbia a mezzo giorno in pieno agosto, mi chiede se sono pronto per cominciare.
Un brivido mi ha attraversato come un colpo netto, la voglia di cedere ha preso il sopravvento e il sì è arrivato senza che me ne accorgessi, non ad alta voce, non in modo chiaro, semplicemente il mio corpo ha parlato per me. Il respiro accelerato, la pelle tesa, gli occhi bassi, tutto gridava deferenza totale per la mia padrona.
“Molto bene, bravo, lo sguardo deve rimanere a terra, non sei autorizzato a distoglierlo dal pavimento. Ora spogliati, ti voglio nudo a mia completa disposizione. Fallo lentamente, devo godermi lo spettacolo”.
La mia esperienza di sottomissione entra così nel vivo.
Giochi di potere e desiderio estremo
Ogni gesto diventa parte integrante del rituale mentre gradualmente tolgo tutto senza fretta. Mi sento esposto e vulnerabile sotto il suo sguardo fisso ma non ho paura, anzi, questa circostanza ha qualcosa di ipnotico e io non posso far altro che lasciarmi incantare.
Ora sono totalmente nudo, lei fa un giro completo intorno a me poi si ferma e mi lega i polsi sopra la testa. Il nodo è saldo e ben studiato e il contatto con la corda risveglia in me un bisogno primitivo di arrendermi, una sensazione nuova difficile da spiegare, probabilmente solo chi ha avuto una storia erotica di dominazione può capire.
Schiaccia un capezzolo con le dita dopodiché afferra una fascia appoggiata allo schienale di una sedia e mi benda.
Ogni suono, ogni respiro risultano amplificati e io sono in balia delle sue decisioni, dei suoi desideri estremi, dei suoi giochi di potere e il punto è che è tutto perfetto così.
“Sei mio, sei il mio giocattolino, non ti muoverai, non implorerai, non farai niente di niente finché io non te lo permetterò”.
Le sue mani mi stringono le palle, le unghie graffiano petto e schiena. Continuavo a pensare a quella frase come un martello. Mi dava fastidio, lei non è delicata ma il dolore si mischia al piacere.
Non sento niente per qualche secondo, il suo è controllo puro, attesa distillata in aspettativa. Ecco il fruscio della frusta che si abbatte sulla scapola destra e io mi sento finalmente marchiato, sento finalmente di essere una sua proprietà.
Cedere del tutto all’esperienza BDSM
“Apri la bocca”. Eseguo senza chiedere spiegazioni, mi infila in bocca un oggetto metallico e mi ordina di succhiare, non capisco cosa sia ma eseguo. Lo sfila e lo passa sul collo, ha una punta tagliente e la pelle brucia al suo passaggio. Scorre fino all’addome e prosegue sul cazzo. Si stacca da me e sento la mancanza di quella lingua pungente.
La sento maneggiare con una bottiglia e un bicchiere. “Apri di nuovo”. Le labbra si schiudono e un liquido dolce mi pervade. Mmm buono, è vino. Ripete l’azione altre due volte.
“Adesso appartieni a me” mi sussurra all’orecchio sinistro e ha ragione, sono sovrastato dalla dominazione femminile: è un patto, un giuramento non scritto che si crea nella relazione tra mistress e slave, e io mi sento più vivo che mai.
Mi spinge obbligandomi a sdraiarmi a pancia in giù. I tacchi riecheggiano nella stanza mentre camminando lentamente disegna cerchi perfetti intorno alla mia figura. So bene che cosa sta per accadere, sarò il suo tappeto, lo so e lo voglio. Quante volte l’ho letto nei racconti di dominazione ed ora sono io il protagonista.
Forse sono solo stanco di avere io il controllo, forse scoprirò che abbandonarsi è più potente che dominare ma quando sento la pressione della suola sulla mia schiena capisco di essere stato sommerso nell’abisso di piacere che solo la resa può donare.
Dopo il BDSM il legame che resta
Sto gemendo mentre la cera si raffredda e le sue dita sciolgono il nodo ai polsi. “La benda toglitela da solo”. Ci metto qualche istante a mettere a fuoco la sua figura e wow! Seduta sul divano, con le gambe accavallate e il calice di vino in mano, negli occhi la stessa fermezza di quando mi aveva legato e un lieve sorriso orgoglioso, come se sapesse perfettamente di aver raggiunto il suo obiettivo.
“Ora vieni qui, in ginocchio”. Questo comando suona come una carezza alle mie orecchie. Non ci sono più corde e fruste eppure sento che il gioco BDSM non è finito, ha solo mutato forma, perché questo tipo di abbandono non finisce con i lacci che vengono slegati o con la chiusura di una porta. È un senso di appartenenza che ti incide nel profondo.
“Per essere stata la prima volta devo dire che hai retto bene, più di quanto pensassi” dice accarezzandomi i capelli. La gola chiusa dall’emozione, perché in fondo so bene che la resa è stata più emotiva che fisica e in fondo so anche che non servono parole.
Lei è riuscita a far emergere, con la sua dominazione femminile impeccabile, un lato di me che non sapevo di possedere, senza forzare, con naturalezza.
Mi sento in pace, una pace nuova fatta di confini superati e giochi estremi.
Le bacio la mano che mi porge per aiutarmi ad alzarmi. “Mi vorrai ancora dominare vero?”, le chiedo sentendomi più nudo di prima, soprattutto quando la sento ridere in risposta. “Tu sei mio, quando schioccherò le dita tu mollerai qualsiasi cosa tu stia facendo e correrai da me”.
Luca 86
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