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Trasgressioni a ferragosto (SECONDA PARTE DI DUE)

Dopo circa un’ora, mentre il silenzio ovattato del villino era rotto solo dal frinire ostinato delle cicale e dal ronzio monotono del ventilatore, Marina sentì bussare alla porta.
Si alzò lentamente, stanca per il caldo che avvolgeva ogni cosa, e andò ad aprire.
Elio era lì, in piedi sull’uscio, con lo sguardo fisso nei suoi occhi, intenso, quasi a voler scavare dentro di lei.
«Tu mi devi un pranzo,» disse, con voce calma ma ferma, quasi fosse una sentenza.
Poi, all’improvviso, il gelo di quella serietà si sciolse in un sorriso disarmante.
«Dopotutto,» aggiunse con un’aria complice, «i giocattolini sono sottovalutati. Usami pure, ok? Lo so… resistermi è un’impresa.»
Marina gli mise una mano dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò. Il bacio fu rapido a trasformarsi in qualcosa di più: le lingue che si cercavano, i corpi che si avvicinavano fin quasi a fondersi.
Si ritrovarono a spogliarsi lungo il corridoio, disseminando gli abiti sul pavimento, spia del loro desiderio non più celato. Le mani di Elio esploravano ogni curva, la bocca scivolava dal collo al petto, indugiando sui capezzoli tesi, mentre lei gemeva piano, le dita intrecciate tra i suoi capelli, il corpo che si arcuava ad ogni carezza, ad ogni colpo di lingua, finché il piacere le attraversò la schiena come un’onda lunga.
Sul divano, sul tappeto, contro la parete: ogni passo era un invito, e ogni carezza bruciava più del sole di agosto.

Quando la spinse sul letto, lei lo accolse senza esitazione. Entrò in lei con un movimento lento, profondo, che la fece sussultare e affondare le dita nei suoi fianchi. I loro corpi trovarono subito un ritmo, lento all’inizio, poi via via più veloce e affamato. Ogni spinta li avvicinava di più al punto di rottura.
Marina lo fissava negli occhi, le labbra socchiuse in un respiro irregolare, finché il piacere le esplose dentro, facendole stringere le gambe attorno ai suoi fianchi e gemere forte. Sentendo il suo corpo fremere sotto di sé, Elio cedette alla stessa marea, ansimando il suo nome, e venne su di lei, lasciando colare il caldo sperma sul suo ventre e tra le sue cosce.
Restarono così, abbracciati e ansanti, mentre il sudore si raffreddava lentamente sulla pelle. Elio le sfiorò il viso con le labbra, un bacio leggero dopo la tempesta, prima di rotolare di lato. Continuò a cercarla con le dita, con lo sguardo, tentando invano di comporre parole intere, ancora avviluppato in quel piacere che gli inceppava il fiato e i pensieri.
«Sì, è stato bellissimo Elio…» e poi avvicinandosi come se stesse per sussurrargli qualcosa di romantico, aggiunse: «Però prima che me ne vada, un po’ di sano sesso orale lo facciamo eh!» e gli stampò un bacio sulle labbra. Elio sgranò gli occhi per prenderla in giro e ritrovò le parole.
«Una brava ragazza come te vuole leccata la figa e vuole farmi addirittura un pompino con ingoio?»
«Non ho detto anche “ingoio”, ma sì.»
«Quanto sei porca!»
«Tanto, a dire il vero, ma adesso corri dai tuoi amici o ti daranno per disperso.»
Si rivestirono con calma, invece, ancora sorridenti e stanchi.
«Tu mi distruggi fisicamente, meno male che domenica vai via.»
«Infatti. Meglio per te.» Si diedero un ultimo bacio sulla porta e lui le strizzò le tette. «Porco. Ah, Elio. Il classico bagno di mezzanotte, lo farete?» chiese Marina, mordendosi appena il labbro.
Elio la guardò con un mezzo sorriso. «Io sono lombardo doc…col mare non ho nulla di “classico”.»
Lei si avvicinò, provocante, piegando appena il capo. «Un peccato…perché la tradizione vuole che si faccia completamente nudi.» Lui rise piano. «Solo per la tradizione, eh?»
«Solo per quella» ribatté lei, sarcastica e maliziosa.

L’appuntamento per rispettare insieme l’antico rito era stato fissato alle 23:30 ma alle 23 in punto Elio era già di nuovo davanti alla sua porta. Camminavano verso la spiaggia, il passo leggero, senza fretta. Le mani si cercarono, le dita si intrecciarono con naturalezza. Ogni tanto uno sguardo, un sorriso silente, mentre il mare, placido, li accompagnava con una melodia dettata dal lento rovinare delle onde sulla riva.
Lo scoccare della mezzanotte li trovò vicini, iniziarono a spogliarsi lentamente l’uno con l’altro. Ogni gesto era un fremito, una promessa d’estasi a cui entrambi bramavano di tenere fede. Nell’acqua, ogni passo rompeva il velluto del mare, e spruzzi d’argento alla luce della luna, si infrangevano sui loro corpi caldi, nudi. Lui la attirò a sé, la voglia saliva, il membro penetrò in Marina, le mani su quel culo che tanto gli piaceva. Le labbra si incontrarono in un bacio più urgente, e la notte di Ferragosto li avvolse, cancellando ogni altra cosa.
Uscirono dall’acqua gocciolanti, Marina gli prese la mano e lo trascinò al villino. Chiusero la porta alle loro spalle e, senza asciugarsi, si lasciarono cadere sul divano. Lo fissò con uno sguardo velato di lussuria, con un sorriso lento che le piegò le labbra mentre si lasciava scivolare in ginocchio; le mani percorsero le cosce bagnate prima di accogliere in bocca il suo cazzo con movimenti misurati e profondi, sempre più profondi. Elio gettò la testa all’indietro, un gemito basso che la fece sorridere. Lo leccò per bene, sotto alla cappella, quella parte che le piaceva così tanto, e lo guardò per spiare le reazioni sul suo viso. Quando lui provò a tirarla su, lei lo riprese ingorda e strinse ancor più con le labbra quel grande membro, continuando finché lo sentì irrigidirsi, le vene pulsare sotto la sua lingua e venne, venne forte, ansimando il suo nome, e Marina accolse tutto, fino in gola. Si fece sollevare, adesso sì, gli si sedette addosso e poggiò la testa sul petto ancora palpitante di Elio. «Ora mi riprendo eh.»
«Tranquillo, non c’è fretta. Elio…» sussurrò con voce dolcissima.
«Sì?»
«Cosa ne pensi del sesso anale invece?» sorridendo.
«Amore, sei una troia!» e risero insieme dell’apparente dissonanza di quelle due nuove parole.

Al mattino il telefono di Marina vibrava senza sosta sul tavolo in cucina.
«Ma se non rispondi a Mister Tempismo…cosa fa, manda giù i caschi blu?» ironizzò Elio, aggrovigliato a Marina nel lettone dove avevano passato insieme tutta la notte.
Marina lo baciò per zittirlo, ridendo. Giocarono, lei lo bloccò sotto di sé colpendolo ripetutamente coi suoi seni sul viso e intimandogli nuovamente di fare silenzio. «Signorina Marina, guardi che lei sta rischiando che la mia furia si abbatta sul suo culetto. Com’era quella cosa del sesso anale?» Fu allora che sentirono una voce: «Mariiii?»
Era Danila, rientrata in anticipo per farle una sorpresa. Marina ebbe appena il tempo di scavallare da Elio, lasciando il suo membro visibilmente eretto puntare il soffitto. Danila entrò nella stanza, restò ferma qualche secondo, mentre Marina fece prendeva il vestito dalla sedia e lo strinse contro il petto; a Elio, invece, non rimase che coprirsi con una mano.
«Ah.» Poi, con un mezzo sorriso, Danila aggiunse: «Ehm…non sono mai stata brava a fare le sorprese, continuate pure.» Richiuse la porta alle sue spalle. Marina ed Elio si guardarono impietriti. Poi lui disse: «Ma ha davvero detto “continuate pure”?» e scoppiarono insieme in una risata sommessa. Marina tornò subito seria e lo invitò a vestirsi. Lui ribatté che, poche ore prima, una certa ninfomane glieli aveva già sfilati in cucina. Marina infilò il vestitino ed uscì.

Trovò Danila in cucina, intenta a scrivere al telefono. «Stavo rispondendo ad Andrea, un attimo. “Sì, sì, è ce l’ha più grosso del tuo”. Non si capacita» scherzando, poi aggiunge «forse il tuo amico ha dimenticato qualcosa.» Le indicò i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. «Le mutande però no, quelle non me la sono sentita di raccoglierle.»
Marina ringraziò, aprì distrattamente la porta della camera e, senza nemmeno guardare, lanciò tutto addosso a Elio. «Che modi sono?» rise lui.
Dopo qualche scambio reciproco di scuse e battute, Danila dichiarò che aveva proprio bisogno di farsi una doccia. Marina bussò alla porta della camera da letto. «Puoi uscire» disse, aprendo appena uno spiraglio. Elio apparve sulla soglia con un mezzo sorriso malizioso. «Vado a lavarmi le mani…visto che le ho messe in certi posti.»
«Ok.» rispose lei distratta, ma un istante dopo spalancò gli occhi. «Nooo, aspetta!»
Troppo tardi. Elio aveva già aperto la porta del bagno. Dentro, Danila era chinata, intenta a sfilarsi la gonna.
«Oh, scusa, scusa!» disse Elio, ritraendosi di colpo e richiudendo la porta. Dal bagno arrivò la voce di Danila, divertita: «Sei un bel ragazzo, ma le cose a tre non mi piacciono. Grazie lo stesso!» Scoppiarono a ridere.
Più tardi, Danila propose un pranzo in spiaggia, invitò anche Elio, ma il pesce siciliano lo aspettava su una bella griglia fumante e a malincuore rifiutò. «Ah, allora stasera. Dovremo pur scambiare due chiacchiere entrambi coi vestiti addosso noi due.»
Marina si confidò con l’amica, parlarono di Andrea, del loro rapporto perfetto, del dispiacere nel dover chiudere la porta a un ragazzo come Elio ma, dopotutto, lo aveva conosciuto solo tre giorni prima.
La serata scivolò leggera, tra risate e confidenze sui colleghi, ricordi di viaggi, amori passati, animali e buon cibo, fino a perdersi a parlare di modelli d’auto. C’era la smania di chi non si è ancora avuto abbastanza. Andrea sembrava distante, e non solo fisicamente, quando gli sguardi di Marina ed Elio si incrociavano, improvvisamente seri.

La mattina dopo, appuntamento all’alba in spiaggia. L’acqua era fredda e trasparente. Giocavano, parlavano, si inseguivano. Poi Elio l’abbracciò: «Potrei innamorarmi follemente di una persona come te.» Un fremito le attraversò il corpo, ma soffocò i pensieri e lo baciò, un bacio dolce e breve, dietro cui si celava la tristezza di dovergli chiudere quella porta.
Il giorno passò tra momenti con Danila e attimi rubati da soli. Ma, durante il pranzo insieme, Andrea chiamò. Marina rispose. Elio distolse lo sguardo, malinconico. Danila, con la sua solita ironia, disse: «Prima o poi dovrete parlare dell’elefante nella stanza…e non sto dicendo che Andrea sia grasso eh. Che poi come animale al momento è più simile a un cervo.»
Marina la fulminò con lo sguardo, ribadì che non avrebbe lasciato Andrea e che Elio ne era informato, e lui sorrise amaramente: «Sì, consapevole di essere stato solo un passatempo di Ferragosto.» Danila smorzò: «Però che bel passatempo…guarda che bonazzo!»
Elio comunicò che aveva deciso di lasciarle del tempo per restare con l’amica, che si sarebbero salutati l’indomani, per sempre, prima della partenza di Marina. Marina non gradì, ma capì. Anche Danila tentò di dissuaderlo, dicendogli che le cose belle vanno vissute fino alla fine. Elio fu irremovibile. O quasi.
Ore dopo, mentre le due amiche gustavano un gelato in terrazzo, Marina vide in lontananza una figura familiare.
«Che mi è saltato in mente di venire in Sicilia con sto caldo? Dovevo andare in Alaska!» disse lui scherzando. Marina replicò che era ancora in tempo. «Eh, forse domani…oggi me la godo con una splendida fanciulla che domani va via, ho deciso di seguire il consiglio di una vecchia saggia.» Danila lo punzecchiò: «Vecchia a chi?» e sparì.
Elio baciò Marina. «Non è giusto che sia sempre io a venire da te però. Se mi fai dare una leccata ti perdono. Al gelato, sciocchina!»
L’ultima notte insieme fu intensa, ma stavolta i sospiri e i gemiti furono più cauti, quasi pudichi, come se il desiderio avesse imparato a parlare sottovoce. Dopo aver fatto l’amore, lui giocò le sue ultime carte: «E se fossi io l’uomo per te e non Mister Tempismo? Sicura che non vuoi essere convinta?» Marina sorrise, gli disse che gli sarebbe mancato, ma non aggiunse altro.
La mattina, Danila la accompagnò all’aeroporto. Dall’altra parte dell’Italia, Andrea la accolse con un bacio, ma il sapore non era lo stesso, pensò Marina.

La domenica seguente anche Elio fece ritorno al Nord. Il lunedì, già immerso nella routine, uscì dall’ufficio borbottando contro qualche collega insopportabile. Con lo sguardo fisso sul cellulare, stava per avvisare sua madre che non sarebbe passato da casa. Poi alzò gli occhi: Marina era lì, appoggiata con disinvoltura alla sua macchina.
«Tu sei matta!» le disse, lasciando affiorare un sorriso.
Lei sorrise: «Stavolta sono venuta io, vedi?» Lo baciò. «Convincimi che sei tu.»
«Marina…» dolcemente.
«Sì?»
«Com’era quella storia dell’anale? Dici che si può fare anche qui?» indicando con lo sguardo i sedili della sua auto.
«Sei proprio stupido.»
«E la mia autostima continua a salire…»
«Bene, ora pensiamo a lui allora.»

Fine

Martina